Migranti, sì a un’accoglienza ordinata e regolata

Pubblichiamo la lettera di un lettore sui motivi per cui ritiene necessario accogliere chi parte da luoghi difficili in cerca di un futuro migliore.

Città Nuova dà spazio a opinioni diverse, argomentate ed esposte con rispetto degli altri. Il dialogo è ciò che da sempre caratterizza la nostra rivista. Un dialogo che, prima di essere confronto, è ascolto. Ciò non significa che ogni singolo articolo rappresenti la linea del giornale, linea che è quella dell’unità e della fraternità universale. Quando, dunque, si specifica “opinione”, “se ne discute” o “dibattito”, significa che Città Nuova sta accogliendo sulle proprie pagine, cartacee o virtuali, il contributo di una persona o di un’organizzazione che cerca di spiegare il proprio punto di vista.
(La redazione di Città Nuova)


 

«Nello stesso spirito di provare a comprendere le ragioni gli uni degli altri provo molto sinteticamente ad esprimere le mie perplessità sull’articolo di ieri dell’amico Matteo Gianni sulle politiche migratorie dell’attuale governo.

Primo rilievo: io credo che ogni uomo abbia diritto di spostarsi ovunque ritenga opportuno per il bene proprio e/o dei suoi cari, e per questo considero ogni metro quadrato del nostro pianeta come casa comune degli uomini, questo a partire dalla fede in un unico Padre di cui siamo tutti figli e quindi fratelli, ma anche solo a partire dalla coscienza a cui è pervenuta la società moderna con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e le sue derivazioni nazionali. Non capirei altrimenti perché mia nipote per “trovare” lavoro e costituire la sua famiglia abbia potuto trasferirsi liberamente a Londra mentre un mio “fratello” della Nigeria, mettiamo, non debba godere dello stesso diritto, sarà figlio di un Dio minore? Certo mia nipote sarebbe rimasta volentieri a Salerno dove viveva prima, come pure l’amico nigeriano, ma almeno l’ingiustizia di nascere dalla parte sbagliata del mondo è per lei stata mitigata dalla possibilità di riprovarci da un’altra parte.

Per quanto mi sforzi di capire altre visioni, io continuo a sognare un mondo senza confini dove la fraternità universale non preveda fratelli di serie A e fratelli di serie B, dove non ci si chieda se il derelitto che è stato aggredito dai briganti è un giudeo o un samaritano prima di aiutarlo. Con papa Francesco e la Chiesa italiana e le sue articolazioni riteniamo anche noi che debbano essere in qualche modo regolati e ordinati opportunamente l’afflusso e l’accoglienza perché non si abbia a soffrire tutti di sovraffollamento. Ma chiedo, sinceramente: a qualcuno sembra che il ministro dell’Interno stia perseguendo questo fine non andando mai alle riunioni che potrebbero ridefinire una più equa distribuzione dei migranti in sede Europea?

Tutti sappiamo che il Trattato di Dublino che assegna tutto il peso della gestione dei migranti al paese di primo approdo è profondamente ingiusto e va riformato, ma se siamo sempre assenti come pensiamo che questo possa avvenire? Ora par di capire che qualcuno pensi che siamo contro questo governo, vorrei chiarire che non si tratta di questo, ne è prova ad esempio il fatto che queste posizioni di critica a chi vuole erigere barriere per non accogliere le abbiamo mosse come Movimento dei Focolari e come Città Nuova anche nei confronti del precedente ministro Minniti o del ministro Dini ai tempi dei profughi albanesi.

Io credo che l’ispirazione che muove anche questo giornale per la costruzione di una fratellanza universale ci imponga di non fare sconti a nessuno e annunciare senza timori la Profezia per la quale lavoriamo ogni giorno ovunque siamo. Sì, un mondo unito! È scomoda assai questa posizione, lo sappiamo, perché c’è sempre qualcuno che non è contento, ma la nostra coscienza ci impone di parlare sulla stessa pagina di Vincent Lambert e del rifiuto di ogni forma eutanasica e di  Carola Rackete come novella Rosa Parks.

Poi vi è il capitolo di quelli che comunque partono con le carrette del mare, ieri si proponeva il blocco totale di quel canale di arrivo e si aggiungeva “ma rispettando l’incolumità delle persone”, e quindi? Cosa vuol dire?  Non li possiamo rimandare indietro in Libia dove ormai perfino il ministro dell’Interno dichiara non esservi porti sicuri, ma li dovremmo bloccare, e allora dove li mettiamo? Mentre cerchiamo soluzioni li lasciamo sui gommoni o sulle navi delle Ong a tempo indefinito? E per quale motivo? Stiamo parlando di poche decine di persone per volta a fronte di esperienze analoghe di trasmigrazioni di milioni di profughi pur gestiti da Paesi più poveri di noi, sono milioni infatti gli ospiti siriani in Libano o venezuelani in Cile, Perù etc…

In fuga dal Venezuela verso il Perù
In fuga dal Venezuela verso il Perù

Possibile che una nazione come la nostra, un continente come l’Europa, si debba spaventare di fronte a questa emergenza?

Una ultima considerazione: il fenomeno migratorio a cui assistiamo non è un fenomeno arrestabile, saranno sempre di più gli uomini che scappano da una parte all’altra del mondo, per le guerre, per la fame, e presto anche solo per i cambiamenti climatici. Dobbiamo quindi fare di tutto perché si riducano le ragioni della fuga, fermando le guerre, restituendo una vita dignitosa a quelli cui il mondo occidentale invece l’ha finora rubata depredandoli di ogni ricchezza e possibilità di futuro. Ma come vogliamo farlo?

Noi riteniamo che non è con i muri che li fermeremo, perché anche noi se avessimo alle calcagna una guerra o la fame nera, non esiteremmo a tentare di attraversare in qualsiasi modo il confine per provare a salvare noi o i nostri figli. È stato spesso detto che nessuna madre porterebbe un figlio in quei viaggi da odissea o da gironi danteschi se non fosse costretta, e che il “rischio” di morire è per loro sempre meglio della “certezza” di morire.

Io credo che dovremmo fare ogni sforzo con i nostri governanti per convincerli ad organizzare l’accoglienza non a barricarsi nel proprio salotto buono con un Ipad in mano mettendo alle finestre le guardie giurate per proteggersi dagli invasori. E spero che i cittadini che simpatizzano con il governo possano indirizzare con i loro contributi critici ad una più equa politica.

Qualcuno chiedeva qualche giorno fa: “Non dovremmo come cristiani più spesso parlare con dei sì, sì, no, no ?” Noi lo proviamo a fare ogni giorno riconoscendo in questo, come nei precedenti esecutivi, le cose che ci sembrano andare nella direzione della giustizia e del bene comune, e criticando anche aspramente, se necessario, quando invece si regredisce allo stadio dell’homo homini lupus. E proviamo a farlo ogni giorno da Lampedusa a Ventimiglia, da Trento a Vibo Valentia, dalla Stazione Ostiense al Corviale, dove le nostre comunità non si tirano indietro e cercano di mettere anche la propria casa ed il letto dei propri figlia disposizione degli ultimi che arrivano, ricevendo da questi, come spesso dicono, più di quanto hanno loro dato».

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons