Migranti schiavizzati nei campi

Le forze dell'ordine hanno scoperto un'organizzazione malavitosa che, in provincia di Latina, sfruttava centinaia di immigrati facendoli lavorare in condizioni disumane. Riproponiamo l'editoriale sul caporalato di Marco Omizzolo, sociologo e responsabile scientifico della coop. In Migrazione, pubblicato sul numero 3/2018 della rivista Città Nuova.

Il lavoro gravemente sfruttato in Italia è un capitolo poco considerato dal dibattito politico. Nelle campagne del Paese, italiani e migranti continuano a lavorare in condizioni indecenti, spesso vittime di caporali e mafiosi. La recente normativa (lex. 199/2016) ha permesso alcuni importanti passi in avanti, soprattutto rispetto agli aspetti repressivi. Manca però una politica con una visione aggiornata dello sfruttamento lavorativo.

I rapporti dell’Osservatorio Placido Rizzotto e di Eurispes fotografano il fenomeno, denunciandone la pervasività, le responsabilità delle norme vigenti, spesso scritte per perseguire il migrante e non chi trae vantaggio dal suo sfruttamento, e le complicità con le grandi organizzazioni mafiose. L’Eurispes rileva un volume d’affari complessivo delle agromafie in Italia di circa 21,8 miliardi di euro nel 2017 (+30% nell’ultimo anno). Una stima che rimane, secondo l’istituto di ricerca, sottostimata, non essendo considerati i proventi da operazioni “estero su estero” delle mafie, gli investimenti in diverse parti del mondo, le attività speculative attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il trasferimento di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la banca di “tramitazione”, che veicola il denaro verso la sua destinazione finale. Di questi temi nel dibattito nazionale non vi è traccia.

La cancellazione, ad esempio, della c.d. “Bossi-Fini” è di fondamentale importanza. Come afferma l’avvocato Diego Maria Santono su Tempi Moderni, «nel caso di braccianti agricoli stranieri, ciò che crea le condizioni tali da determinare una compromissione della libertà contrattuale è l’attuale normativa italiana in materia di immigrazione che lega prioritariamente il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Ciò ha indotto la maggior parte dei lavoratori stranieri ad accettare condizioni lavorative di sfruttamento, a volte anche di grave sfruttamento, solo perché necessarie all’ottenimento del titolo di soggiorno richiesto». La filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, attira l’interesse di mafie che stanno abbandonando l’abito militare per vestire il doppiopetto, riuscendo a gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza 3.0.

Affrontare questi temi significa compiere il primo passo verso il superamento dello sfruttamento, politica permettendo.

 

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