Mense scolastiche e panini da casa

Da Torino a Milano, tribunali e amministrazioni comunali si occupano del diritto delle famiglie che preferiscono prepare a casa il cibo per i propri figli. Questione di qualità o di soldi?
Mensa

Se a Torino il Tribunale ha dato ragione a delle famiglie che rivendicavano il diritto a portare il cibo da casa per i loro figli, in alternativa alla mensa scolastica, tutto ciò non può che coinvolgere altre città. A Torino la motivazione che ha spinto i genitori a mandare i figli a scuola con la rosetta e il prosciutto è stata “la qualità è bassissima”, a Milano altri genitori ci hanno pure provato, mandando i loro figli con il pranzo nello zaino e subito s’è innescato una polemica che da mesi si consuma tra scuola e genitori. Presidi e famiglie.

A fare da cavia è un ragazzino di 11 anni della scuola media Ada Negri nel quartiere San Siro, che non può consumare in mensa il pasto portato da casa, ma viene mandato fuori dall’Istituto. Seguono altri casi in scuole della zona Niguarda.

Capirci qualcosa è una operazione abbastanza complessa, ma vogliamo provarci.

Milano Ristorazione – la società partecipata del Comune – è il fornitore unico di tutte le scuole del comune. Alcune famiglie lamentano il livello qualitativo dei prodotti, anche se le “commissioni mensa”, composte da genitori si batte da tempo per migliorare la qualità del cibo e diverse cose sono cambiate grazie alle azioni congiunte di queste commissioni. Altre sono ancora da mettere a punto, ma è un lavoro in cantiere.

Ma per sostenere questa battaglia c’è bisogno di tutti: se si comincia con alcuni che portano il pranzo da casa la battaglia perde pezzi importanti.

La mensa è una conquista sociale soprattutto per quelle famiglie dove i genitori lavorano entrami e non riuscirebbero mai a preparare tutti i giorni un pasto per la pausa pranzo dei figli.

Milano difende la mensa e le scuole vietano l’ingresso in refettorio alunni che portano il pranzo da casa.

Per Palazzo Marino si tratta di «battaglie ideologiche. Lasciamo fuori i bambini», dice la vicesindaco Anna Scavuzzo che invia una lettera a tutti i presidi per ribadire le regole e cioè che: «nessuno a Milano può pretendere di consumare un pasto portato da casa all’interno dei locali adibiti alla refezione». E precisa anche che «la sentenza di Torino e l’ordinanza del Tribunale sono vincolanti solo per le parti in causa».

Intanto il braccio di ferro continua. E la questione pare tutt’altro che risolta. Forse per il comune incassare la retta della mensa è una ottima e garantita entrata per mettere in ordine i conti nelle proprie casse.

Dividere gli alunni delle famiglie facoltose e delle famiglie dal reddito medio non può accadere nella scuola pubblica. Portare la “schiscetta” da casa pare una scelta elitaria. E comunque la richiesta è attualmente minoritaria e rappresenta una scelta parecchio individualistica.

“A mio figlio mi piacerebbe fargli mangiare i cibi il più possibilmente sacrificando anche una mezz’ora la sera o al mattino per preparare qualcosa che ritengo di qualità”, dice una mamma, ma gli fa eco un’altra signora: “già ma a me va bene la mensa, se ci impegniamo tutti a   lavorare nella commissione cibo, questo lo possiamo ottenere anche dal gestore della mensa”.

L’anno scolastico è iniziato da pochi mesi, aspettiamo gli sviluppi. E auguriamoci che non ci siano bimbi che mangiano il loro pasto lontano dai loro compagni e soprattutto che prevalga ancora una volta il buon senso.

 

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