Maternità adottiva

La testimonianza di una donna che decide per l'adozione. Dal libretto della collana Passaparola "Madre mamma" di Giovanna Pieroni un augurio speciale a queste donne che con generosità intraprendono quest'avventura
Mamme

Essere mamma: un mestiere che non si finisce mai di imparare. Ed è questa la bellezza e insieme il fascino di un'avventura senza pari che coinvolge in prima linea la donna, anche per chi sceglie l'adozione, come ci racconta in prima persona la mamma protagonosta della storia del libretto della collana Passaparola Madre mamma di Giovanna Pieroni. Ed allora questo è il nostro augurio speciale nel giorno dedicato alla mamma proprio a loro, le donne della maternità adottiva, capaci di realizzare  un legame di appartenenza reciproca nuovo con i nuovi arrivati: segno controcorrente dell'amore che dona con gioia, dimentico di sé. 

 
«In un dialogo aperto tra noi abbiamo preso la decisione dell'adozione, essendo ben coscienti delle grandi responsabilità che questo comporta e rinunciando alle comodità che avremmo potuto avere diversamente – Lucy e Gerardo, spostati da 10 anni, hanno già una figlia -. La nostra intenzione non era di cercare un fratellino che non potevamo avere e neanche di colmare il vuoto di una paternità e maternità frustrata, per il solo diritto di avere più figli. Avevamo solo il desiderio di amaare un bambino che per circostanze varie non aveva ricevuto l'amore che c'è tra due genitori e sposi, amore che poi avrebbe avuto un riflesso su tutti gli aspetti della vita.

Iniziammo allora a chiedere quali fossero le procedure per l'adozione. C'era da aspettare del tempo, ma noi pensammo che così avremmo potutto sistemare prima alcune cose che avevam in programma. Dopo un anno e mezzo ricevemmo la notizia che la nostra pratica era conclusa. Quando abbiamo conosciuto il bambino, lo abbiamo subito sentito come un dono pensato per noi fin dalla sua nascita. E'  per questo motivo che gli demmo il nome di Davide che significa "l'amato". Iniziò un periodo di conoscenza di lui, durante il quale lo andavamo a trovare due o tre volte a settimana. Poi lo portammo a casa. Aveva un anno e otto mesi, era allegro, curioso e un pochino timido: era facile abbracciarlo e tranquillizzarlo. Poi però col passare del tempo ha iniziato ad essere più inquieto, curioso, impulsivo e aggressivo. Non mi piaceva che buttasse i giocattoli, li pestasse e li mettesse in bocca. E' stato difficile: ci siamo adattati alla sua presenza in casa e piano piano con molta pazianza, siamo riusciti ad insegnargli delle cose. A volte mi metto d'accordo con mio marito e l'altra figlia per amarlo il più possibile, nella certezza che tutto vince l'amore».
 

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