Mario, l’esempio di un uomo sempre al servizio degli altri

Il vicebrigadiere Cerciello Rega è stato capace di servire «persino la vita dei criminali, anche di colui che lo ha accoltellato», ha affermato l'arcivescovo Marcianò, ordinario militare per l'Italia. L'appello del comandante dei carabinieri Nistri: «Giusti i dibattiti, ma non oggi. Facciamo che i toni siano rispettosi. Facciamo che non siano la dodicesima coltellata al cuore d'oro di Mario».

Nel giorno dell’ultimo saluto a Mario Cerciello Rega, la statura civile e morale di questo carabiniere di 35 anni è emersa in tutta la sua potenza. Colpito a morte nel centro di Roma, in circostanze ancora di chiarire fino in fondo, questo vice brigadiere originario di Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, ha fatto della sua vita un servizio agli altri. «A tutti noi ha dato una lezione indimenticabile che lascia senza parole e che ha fermato l’Italia, con una partecipazione di popolo poche volte registrata», ha affermato l’arcivescovo Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, che ha concelebrato i funerali con il vescovo di Nola, Francesco Marino, tutti i sacerdoti sommesi e molti di quelli dei comuni vicini.

Scortata dal picchetto d’onore e da sua moglie Rosa Maria, sposata appena il 13 giugno scorso, nella chiesa di Santa Maria del Pozzo, a Somma Vesuviana, la bara è stata accolta dai vertici dello Stato (i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, il presidente della Camera Roberto Fico, il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, il sindaco di Roma Virginia Raggi, quello sommese, Salvatore Di Sarno, quelli dei comuni vicini, nonché innumerevoli politici nazionali e locali) e salutata dagli amici di una vita e da quelli delle associazioni di volontariato di cui faceva parte. E da tanta, tantissima gente comune, accorsa per rendere omaggio a questo carabiniere sorridente, che aveva avuto un encomio per aver aiutato una vedova e la figlia malata mentre era fuori servizio, che accompagnava gli ammalati nei pellegrinaggi e che ogni settimana portava pasti caldi ai poveri e agli stranieri che vivono nei pressi della stazione Termini, nella Capitale.

Avvolta nel tricolore, la bara è stata baciata dai colleghi di Mario e dalla moglie, che ha poi sistemato i fiori, la maglia del suo giocatore del Napoli preferito, Insigne, le loro foto sorridenti, i fiori, le sciabole e il cappello della divisa, con il rosario intorno. Famiglia, lavoro, Chiesa, poveri. Questo era Mario, e molto di più.

la-bara-del-carabiniere-mario-cerciello-rega-seguita-dalla-moglie-foto-ansa«Cari amici – ha affermato l’arcivescovo Marcianò in un’accorata omelia – quanto è accaduto è ingiusto! Ci spinge oggi a levare un grido che si unisce alla tante e diverse voci che in questi giorni hanno formato un unico coro, testimoniando la straordinarietà dell’uomo e del carabiniere Mario, ma anche chiedendo che venga fatta giustizia e che eventi come questo non accadano più. Basta! Basta piangere servitori dello Stato». Mario, ha aggiunto Marcianò, è stato un esempio per tutti. «Ha creduto che non c’è giustizia senza rispetto della vita; ha saputo gustare la sua vita con pienezza e gioia, vivere e morire per custodire la vita altrui. Lo ha fatto nel suo lavoro» ed è stato capace di servire «persino la vita dei criminali, anche di colui che lo ha accoltellato e che, certamente, egli avrebbe voluto difendere dal dramma terribile della droga che disumanizza e rende vittime dei mercanti di morte, soprattutto i giovani».

«Non siamo rassegnati, ha aggiunto l’arcivescovo, e non ci rassegneremo! Perché, se «Dio è amore», credere alla risurrezione non è vivere nella rassegnazione, ma lottare con amore per un mondo migliore». Mario ha gridato il suo “eccomi, ci sono!”, e lo ha fatto da figlio, da fratello, da cittadino, da carabiniere e da cristiano. La sua vita «è diventata punto di luce dal quale sembra alzarsi un grido: “Risorgi”!». Un grido rivolto all’Italia, «perché risorga il senso della giustizia, della legalità, del dovere e della fraternità», a partire dagli uomini delle Istituzioni, chiamati a riscoprire l’alto senso etico della propria responsabilità, rifuggendo politiche di interessi, conflitti e corruzione, e perseguendo le autentiche priorità del proprio impegno a servizio della città e dell’uomo.

«Non è nostro compito dire se servano leggi più rigide o soltanto leggi più giuste, ma una cosa – ha affermato Marcianò rivolto ai politici – osiamo chiedervela: “Metteteci il cuore! Fate anche voi della vita degli altri il senso della vostra vita, consapevoli che quanto operate o non operate è rivolto a uomini concreti: a cittadini e stranieri, a uomini e donne delle forze armate e forze dell’ordine, ai quali non possiamo non rinnovare il grazie e l’incoraggiamento della Chiesa e della gente! E se voi, responsabili della cosa pubblica, e tutti noi sapremo meglio imparare, da uomini come Mario, il senso dello Stato e del bene comune, l’Italia risorgerà».

i-funerali-di-mario-cerciello-rega-il-carabiniere-ucciso-a-roma-nella-chiesa-di-santa-maria-del-pozzo-a-somma-vesuviana-foto-ansaCommoventi anche le parole del comandante dell’Arma dei Carabinieri, il generale Giovanni Nistri, che ha lanciato un appello. «Se è concesso, a un comandante generale, fare delle richieste – ha affermato –, vorrei che si trasformassero in due parole, oggi: rispetto e riconoscenza, per il cuore d’oro di Mario che è stato infranto da una delle undici coltellate» che, come appurato dall’autopsia, «sono arrivate in fondo, fino a toccare l’impugnatura. Forse è giusto che noi tutti si eviti la dodicesima coltellata al cuore d’oro di Mario». Sono giusti i commenti, sono legittimi i dibattiti, ha detto ancora Nistri, «ma non oggi. «Teniamoli lontani. Facciamo che i toni, che i modi siano rispettosi. Facciamo che non siano la dodicesima coltellata per rispetto della famiglia, dell’uomo e del carabiniere che era. Mario, ha aggiunto il generale, era un carabiniere morto per tutelare i diritti di tutti. «Tutti hanno diritto a un equo trattamento, anche una persona arrestata. Lui li ha tutelati e insieme con lui chiedo rispetto per tutti gli altri carabinieri che ogni giorno fanno la stessa cosa».

Oggi dunque è il giorno del silenzio e del rispetto. Però da domani ci sarà bisogno di chiarezza. Su quanto è accaduto e sulle responsabilità di una tragedia che si sarebbe dovuta evitare. Sulla manipolazione delle informazioni, sull’incitamento all’odio e allo spregio delle leggi civili, su interrogatori deprecabili e fotografie diffuse ad arte, su una verità necessaria per andare avanti.

 

 

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