Marinella, Luana, Carla e la disparità di genere

Due donne uccise e una bruciata viva all’ottavo mese di gravidanza dai rispettivi partner, ma anche una sentenza che assolve un capoufficio che molestava le impiegate e una moglie processata perché non cucinava per il marito. Quale parità? Quali pari opportunità?
Violenza sulle donne, foto Ansa

La moglie che non cucina per il marito e non pulisce bene la casa può essere processata per maltrattamenti in famiglia, stando a quanto riporta il quotidiano LaRepubblica. Il dirigente di un’agenzia pubblica che palpeggia le impiegate, invece, stando a quanto scrive La Stampa, va assolto perché – pur avendo allungato le mani più volte e su più donne – non ne ebbe un appagamento sessuale e non avrebbe limitato la libertà sessuale delle colleghe. Di conseguenza, non va condannato. Non ha commesso reato, secondo il giudice, perché lo avrebbe fatto per scherzo, dando solo prova – a 65 anni – di immaturità. Sarebbe stato solo uno scherzo, messo in atto per impostare, in qualche modo perverso, i rapporti gerarchici sul posto di lavoro.

 

Immaturità. Potrebbe essere una buona scusa da utilizzare, senza essere puniti, per un’infrazione al codice della strada, un’evasione fiscale. Potrebbe essere giudicata per immaturità anche la ragazza che uccise la mamma perché le aveva vietato il cellulare?

 

La stessa immaturità potrebbe forse giustificare anche l’ex compagno di Carla, la bella 38enne napoletana, all’ottavo mese di gravidanza, bruciata viva dall’uomo che non accettava di essere lasciato? «Potevo metterla sotto con la macchina», avrebbe detto agli investigatori. Invece, si è “limitato” a bruciarla viva con l’alcol, così avrebbe bruciato meglio. E pazienza, evidentemente, anche per la sua, la loro!, bambina, che si è salvata per miracolo, a cui qualcuno un giorno dovrà raccontare com’è cominciata tragicamente la sua vita.

 

Per Carla, ricoverata in prognosi riservata, stanno pregando in tanti, in queste ore, affinché riesca a salvarsi. Servono preghiere, avrebbero detto i familiari, non l’odio. Altre due donne, invece, non ce l’hanno fatta. Una si chiamava Marinella e viveva a Brescia. È stata quasi decapitata dal marito, che poi è morto andando a schiantarsi contro un tir. L’altra era Luana, viveva a Catania e, secondo l’accusa, sarebbe stata strangolata dall’ex convivente, già condannato, in passato, per omicidio e per lesioni personali.

 

Davanti a queste violenze, davanti a queste morti, bisognerebbe ricordare l’importanza della parola giustizia e il valore della prevenzione. Una prevenzione che diventa efficace se la donna, la sua dignitàe la sua difesa, diventano una certezza per tutte. E se chi la prevarica, chi la maltratta, viene punito, secondo la legge e senza scuse.

 

Non si tratta soltanto di riaffermare l’esigenza della parità di genere, ancora lontana. Qui si tratta di rispetto per ogni essere umano. Un rispetto che dobbiamo tenere anche verso noi stessi, assumendoci le responsabilità dei nostri atti, dei nostri errori, e verso i nostri figli, per imparare ad aiutarli a gestire le loro emozioni, ad accettare delusioni e dinieghi, con la speranza che, un giorno, diventino adulti maturi e capaci di scegliere il bene, anche davanti al male, al dolore, al rifiuto, alla disperazione.

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