Marco c’è

A due anni dalla sua scomparsa, una serata in compagnia degli amici di Marco Amato Bettiol
Marco Bettiol

«Caro Diario, io sono Marco, sono un ragazzo con mille interessi, mi piace il calcio e vera soddisfazione è guardare le partite di Alberto, il mio piccolo fratellino con piedi professionisti. Sono amante dei libri e di storie avventurose e passeggiare è piacevole quando sono in giornata buona. Osservo curioso ciò che mi sta attorno e ad occhi chiusi ascolto quello che il mondo racconta».

Con questo scritto è iniziata venerdì scorso presso la chiesa parrocchiale di Dueville (Vi) la serata in ricordo di Marco Amato Bettiol, a due anni dalla sua scomparsa. Un intreccio di canti, esperienze e scritti di Marco sono stati gli ingredienti di una serata molto partecipata e vissuta da tutti in prima persona.

Marco Amato, nonostante i limiti imposti dalla sua malattia che gli impedivano di parlare e camminare autonomamente, riusciva a comunicare grazie al suo computer attraverso il sistema di comunicazione facilitata: poteva raggiungere così molte persone e donare messaggi di incoraggiamento e amicizia, tuttora custoditi e diventati sempre più preziosi.

Innumerevoli sono le persone che in questi anni si sono affezionate a Marco. I suoi compagni di classe lo chiamavano “poeta” per via di un linguaggio fin troppo ricco per un ragazzo ai primi anni del liceo e che amava l’Odissea e il greco. Con loro Marco condivideva anche le sue difficoltà e apprezzava la loro amicizia: «…Mi sento uno scalatore che cerca di arrivare alla vetta ma continua a trovare qualcosa di scivoloso e ritorna  a valle – scriveva Marco ai compagni –. La cosa più bella è il piacere di vedere i vostri volti belli, con quella bellezza che è ospitata nei vostri cuori…». Pensando a Marco, ricordano il suo insegnamento: «non serve il vigore del corpo per affrontare la vita e le sue difficoltà, ma è necessaria e indispensabile un'immensa forza d'animo, che si trova negli altri, nella famiglia, negli amici, in Dio».

I suoi amici del Movimento dei focolari hanno potuto vivere un’esperienza veramente forte in sua compagnia, vero esempio di Vangelo vissuto. Marco riusciva a trasmettere il suo specialissimo rapporto con Dio. Andrea lo ricorda così: «Amorevole, ma schietto. Questo è ciò che più ammiravo di lui. Grazie a Marco ho capito che non è con gesti eclatanti che si ama Dio o il fratello, ma è nella nostra realtà quotidiana, come ha fatto Marco che, senza far rumore, ha lasciato una traccia indelebile nel cuore delle persone che lo hanno conosciuto».

Paola, invece, non ha avuto modo di conoscere Marco di persona, ma lo sta conoscendo adesso, lavorando con Francesco, suo papà. «Questo è Marco per me: un compagno di viaggio fedele – aggiunge Paola – uno che non molla, uno sguardo sicuro verso la meta del Paradiso, che incoraggia perché i passi si fanno insieme come quando al suo diciottesimo ci ha detto: il poter essere insieme ci fa viaggiare con il vento alle spalle e godere del sole come della pioggia».

Testimonianze, queste, che lasciano il segno, che rimettono in carreggiata e danno la spinta giusta per ripartire e tenere sempre a fuoco l’obiettivo: l’amore al fratello.
 

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