Lotta agli abusi: vademecum del Vaticano

Un documento molto dettagliato chiarisce le azioni concrete da attuare nelle varie situazioni.

Non si ferma la lotta della Chiesa contro gli abusi sui minori: è stato appena pubblicato, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, un Vademecum per aiutare «gli ordinari e gli operatori del diritto che si trovano nella necessità di dover tradurre in azioni concrete la normativa canonica circa i casi di abuso sessuale di minori compiuti da chierici».

Il documento, viene subito chiarito nell’introduzione, «non è un testo normativo, non innova la legislazione in materia ma si propone di rendere più chiaro un percorso». Non modifica, quindi, il Codice di Diritto Canonico, ma costituisce uno strumento in più per combattere una «ferita profonda e dolorosa che domanda di essere guarita».

Un testo 1.0, lo definisce il card. Ladaria, Prefetto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, che «dovrà fare tesoro delle considerazioni che giungeranno dalle diverse realtà ecclesiali: diocesi, istituti, facoltà ecclesiastiche, centri di ascolto istituiti a livello diocesano e interdiocesano. Il loro contributo qualificato contribuirà a correggere, integrare, precisare e chiarire quei punti che, come è naturale, esigeranno una più approfondita riflessione».

Nel testo, alcune sottolineature importanti: «la tipologia del delitto – si legge – è molto ampia e può comprendere, ad esempio, rapporti sessuali (consenzienti e non consenzienti), contatto fisico a sfondo sessuale, esibizionismo, masturbazione, produzione di pornografia, induzione alla prostituzione, conversazioni e/o proposte di carattere sessuale anche mediante mezzi di comunicazione». Per quanto riguarda l’età del “minore”, si ricorda che «fino al 30 aprile 2001 si intendeva la persona con meno di 16 anni (anche se in alcune legislazioni particolari l’età era già stata innalzata ai 18 anni)». Da quella data in poi «quando fu promulgato il motu proprio “Sacramentorum Sanctitatis Tutela”, l’età è stata universalmente innalzata ai 18 anni, ed è quella tuttora vigente».

Al centro dell’attenzione il rispetto e la cura per le vittime di abuso e per le loro famiglie: «Le autorità ecclesiastiche devono impegnarsi affinché la presunta vittima e la sua famiglia siano trattati con dignità e rispetto, e devono offrire loro accoglienza, ascolto e accompagnamento, anche tramite specifici servizi, nonché assistenza spirituale, medica e psicologica, a seconda del caso specifico». È «assolutamente necessario» evitare «ogni atto che possa essere interpretato dalle presunte vittime come un ostacolo all’esercizio dei loro diritti civili di fronte alle autorità statali. Là dove esistano strutture statali o ecclesiastiche di informazione e appoggio alle presunte vittime, o di consulenza per le autorità ecclesiali, è bene fare riferimento anche ad esse».

Il testo raccomanda anche «molta cautela» qualora la notizia del delitto provenga da fonte anonima ma esorta, comunque, a non scartare a priori quelle denunce che appaiono, a una prima impressione, incerte o dubbie.

Come si deve comportare un sacerdote se nel corso di una confessione viene a conoscenza di un atto di pedofilia commesso da un chierico? L’informazione «è posta sotto lo strettissimo vincolo del sigillo sacramentale. Occorrerà pertanto che il confessore che, durante la celebrazione del sacramento, viene informato di un delictum gravius, cerchi di convincere il penitente a rendere note le sue informazioni per altre vie, al fine di mettere in condizione di operare chi di dovere».

Come si procede quando si riceve una notitia de delicto? Innanzitutto si deve svolgere un’indagine previa canonica, volta ad accertare la verosimiglianza del caso, che «deve essere svolta indipendentemente dall’esistenza di una corrispondente indagine da parte delle autorità civili» e va fatta «nel rispetto delle leggi civili di ogni Stato». Inoltre, si raccomanda nel Vademecum, «anche in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi».

Quali misure adottare nel corso dell’indagine nei confronti del chierico accusato? «È da evitare la scelta di operare semplicemente un trasferimento d’ufficio, di circoscrizione, di casa religiosa del chierico coinvolto, ritenendo che il suo allontanamento dal luogo del presunto delitto o dalle presunte vittime costituisca soddisfacente soluzione del caso». Inoltre, «fin da quando si ha la notitia de delicto, l’accusato ha diritto di presentare domanda di essere dispensato da tutti gli oneri connessi con il suo stato di chierico, compreso il celibato, e, contestualmente, dagli eventuali voti religiosi». Egli può scrivere al Santo Padre, che ha la facoltà di concedere la dispensa.

Al termine dell’indagine previa, gli atti dovranno essere consegnati alla Congregazione per la Dottrina della Fede che decide se ci sono gli estremi per un processo penale, che può essere giudiziale o extragiudiziale. Nei casi gravissimi, la procedura «si conclude con una decisione diretta del Sommo Pontefice e prevede comunque che, anche se il compimento del delitto è manifesto, all’accusato sia garantito l’esercizio del diritto di difesa».

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