Lo stadio della Roma oltre Totti e Grillo

Il noto calciatore spinge per il progetto del business park del manager Pallotta. Il leader M5S interviene direttamente davanti ai dissensi interni alla base e ai dubbi del sindaco Virginia Raggi. Ma quale idea di metropoli si propone? Intervista a Carlo Cellamare, professore di urbanistica all’Università La Sapienza

Non c’è solo Francesco Totti che ha lanciato lo slogan “famo sto stadio” suscitando grandi consensi. Anche Beppe Grillo, il comico genovese leader del Movimento 5 Stelle, è intervenuto salendo le scale del Campidoglio per gestire la complicata questione dello stadio dell’A.S. Roma che vede anche i militanti pentastellati divisi tra loro con tanto di manifestazione indetta sotto le finestre dell’ufficio della sindaca Virginia Raggi.

 ANSA/ ANGELO CARCONI
ANSA/ ANGELO CARCONI

Si tratta di una vicenda emblematica per la Capitale, come modello di gestione del territorio e idea della metropoli, che ha determinato la fuoriuscita dalla giunta dell’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, preso di mira, fin da subito dai media romani e sul web, proprio per la sua contrarietà al progetto ideato da James Pallotta,  presidente statunitense della società calcistica capitolina, assieme al gruppo immobiliare Parsitalia, della famiglia Parnasi, proprietario dell’area di Tor Di Valle dove dovrebbe sorgere quella che Chicco Testa, ex esponente di Legambiente e ora dirigente apicale di aziende pubbliche e private, ha definito sul Corriere della sera del 9 febbraio, «il progetto più audace, ma anche completo, che sia stato proposto a Roma da molto tempo. Quasi una piccola Eur».

Lo sviluppo di quasi un milione di metri cubi non dovrebbe spaventare, secondo Testa che è stato anche deputato del Pci e managing director di Rothschild Italia, dato che «si tratta solo di decidere se Roma vuole cominciare ad assomigliare anche ad una metropoli moderna, in continua trasformazione, o se preferisce deperire e lasciarsi morire per inedia. E le metropoli sono fatte con i mattoni, il cemento, l’acciaio e tutto il resto».

ANSA/UFFICIO STAMPA
ANSA/UFFICIO STAMPA

Carlo Cellamare, professore associato di Urbanistica nella facoltà di Ingegneria dell’università di Roma La Sapienza, è stato tra i nomi citati come sostituto di Berdini, ma il docente, da sempre attento alle periferie della Capitale, ha subito dichiarato sui social la propria indisponibilità a ricoprire tale ruolo, che resta vacante.

Abbiamo cercato Cellamare, che sta collaborando con Radio Vaticana per una serie di servizi sui quartieri periferici romani, per capire meglio i contorni della vicenda che si dovrebbe definire, in un senso o nell’altro, il 3 marzo con la chiusura della procedura amministrativa della Conferenza dei servizi.

Professor Cellamare, in città è forte la pressione per avere un nuovo stadio come promesso dal presidente Usa della società giallorossa che, in caso di bocciatura del progetto, ha parlato di «catastrofe per la città di Roma e i futuri investimenti in Italia». Perché tanta resistenza tra studiosi e comitati? Cosa non va in quel progetto?
La localizzazione è sicuramente non adatta e il parere espresso recentemente dalla Soprintendenza  Archeologica per le Belle Arti e il Paesaggio del Comune di Roma,  lo conferma. Non si tratta di negoziare sulle cubature, è che proprio lo stadio in quell’area non è il caso che venga edificato per motivi ambientali ed urbanistici. Tor di Valle è un’area di interesse ambientale ed è soggetta fortemente al rischio esondazioni, tant’è che il progetto prevede interventi molto costosi di difesa idraulica, nonché idrovore, ecc. Tutte attrezzature e sistemi che poi ricadranno sul pubblico, con costi notevoli di gestione e manutenzione che verranno addebitati alla collettività. È un’area a ridosso del fiume, una delle poche ancora libere e che quindi andrebbe tutelata in una politica di contenimento del consumo di suolo.

Virginia Raggi con il presidente della As Roma James Pallotta ANSA/ANGELO CARCONI
Virginia Raggi con il presidente della As Roma James Pallotta ANSA/ANGELO CARCONI

Oltre le questioni ambientali, in cosa consiste il problema urbanistico?
Dal punto di vista urbanistico lo stadio è un problema perché costituirebbe un altro “satellite” della città, oltre alle tante “centralità” già realizzate, e sarebbe prevalentemente caratterizzato dal centro commerciale e dagli uffici (quando a Roma ormai da tempo non se ne vendono più!), che peraltro entrerebbe in competizione con gli altri centri commerciali. La città non ha bisogno di questo, considerando poi che l’area non è urbanizzata e quindi bisognerebbe prevedere nuove infrastrutture, peraltro oggi considerate non realizzabili (prevalentemente per motivi ambientali).

ANSA/RONNY GASBARRI
ANSA/RONNY GASBARRI

Eppure la giunta Marino aveva dichiarato il progetto di pubblica utilità…
Bisogna tener presente che quell’area era considerata originariamente “verde pubblico”, poi diventato “verde privato attrezzato” per permettere la realizzazione di attrezzature sportive. In questo modo diventa  necessario costruire grandi attrezzature e infrastrutture arrivando, con il meccanismo della compensazione, a trasformare, in una catena perversa, un’area di interesse ambientale (un parco potenziale legato al Tevere) in un “business park”, con tre torri e un centro commerciale, quasi un milione di metri cubi di cui solo il 14% destinato allo stadio e ai servizi connessi e l’86% a ben altro. L’intervento della Soprintendenza chiarisce ulteriormente i valori di pregio architettonico delle preesistenze, e quindi dell’ippodromo di Tor di Valle, ed i valori paesaggistici dell’area. Se poi consideriamo che questa grande operazione finanziaria ed immobiliare serve principalmente ai proprietari delle aree (che comprarono quei terreni a basso costo quando avevano altra destinazione d’uso) per coprire i debiti con le banche, ed in particolare Unicredit, l’”interesse pubblico” dichiarato perde consistenza.

Ma esiste un’alternativa praticabile? Dicendo sempre “No” non si governa, dicono alcuni…
Prima di tutto bisogna interrogarsi se la città ha effettivamente bisogno di uno stadio e quindi bisogna considerare all’interno di un nuovo progetto anche la destinazione dell’Olimpico e del Flaminio, che altrimenti diventano un grande problema per la città. In secondo luogo, definita la necessità di un nuovo stadio, bisogna pensare ad una localizzazione più adatta e che riduca gli impatti, all’interno di una politica di contenimento del consumo di suolo e di utilizzazione di aree già compromesse.

ANSA/MASSIMO PERCOSSI
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Esiste a Roma un’area che potrebbe rispondere a questi requisiti?
Potrebbe essere interessante l’opportunità di valutare come localizzazione quella dell’area di Tor Vergata, Romanina, Anagnina. C’è già la vela di Calatrava che potrebbe essere recuperata e si potrebbe realizzare un polo sportivo di grande livello. In questo caso sarebbe sicuramente più facile il prolungamento della metropolitana esistente, anche a servizio dell’Università e dei quartieri circostanti, nonché la realizzazione di una specifica uscita autostradale (anche semplicemente completando quella che si stava già realizzando). Si potrebbero realizzare parcheggi a silos per le auto a ridosso dell’uscita autostradale e lungo l’autostrada stessa per minimizzare l’impatto del traffico sulla viabilità circostante. È un’area già insediata e bisogna valutare bene per non congestionare la situazione, ma è un esempio di una ricerca di alternative (senza dover realizzare nuovi centri commerciali).

ANSA/ETTORE FERRARI
ANSA/ETTORE FERRARI

Comunque lo stadio sembrerebbe necessario come dice Chicco Testa perché «Il calcio è un’industria nazionale, che ha bisogno di luoghi di “produzione” adeguati», che produce ricchezza e quindi richiede un  progetto completo di trasformazione urbana…
Invito a tener presente che lo stadio non andrà in proprietà alla AS Roma, ma rimarrà proprietà della cordata di costruttori cui la società sportiva dovrà pagare un affitto annuale, una “tassa” di non poca importanza, che fa interrogare su quanto lo stadio sia costruito a beneficio della città. Sicuramente le priorità sono altrove. In questo momento la priorità assoluta l’hanno le periferie, che vivono una situazione molto difficile e che richiedono politiche e interventi di riqualificazione da tutti i punti di vista: sociale, economico, urbanistico, edilizio.

Basterebbe fermarsi a pensare cosa si potrebbe fare con un solo milione di euro per un quartiere come Tor Bella Monaca, una cifra che appare irrisoria e ridicola rispetto ai costi di costruzione dello stadio, ai bilanci della AS Roma e agli stipendi dei calciatori. Forse la società sportiva e gli stessi calciatori si dovrebbero interrogare su cosa possono fare concretamente loro per primi per questa città.

In che modo il progetto è da intendersi in continuità con la storia recente dell’urbanistica capitolina?
Sembra di essere tornati al film “Le mani sulla città”, con gli stessi meccanismi di sempre, semplicemente con qualche aggiornamento sui modi, le procedure, la qualità delle attrezzature. Ma in questo caso il vulnus iniziale è recente.

ANSA/RONNY GASBARRI
ANSA/RONNY GASBARRI

Cioè?
L’origine si trova nella legge sugli stadi, o meglio negli articoli della finanziaria 2013 (per il 2014) che contengono le nuove norme sugli stadi. Lo stadio è una grande attrezzatura che ha un peso su tutta la città. Dovrebbe essere inserito in una programmazione pubblica, di cui l’amministrazione comunale dovrebbe essere il principale protagonista. Invece la legge permette che sugli stadi vi sia l’iniziativa privata e che l’amministrazione pubblica risponda in tempi definiti. Un ribaltamento della situazione in piena logica neoliberista, che porta alla tradizionale e ormai consolidata urbanistica contrattata. L’amministrazione pubblica può sempre opporsi, ma ci vuole forza e determinazione. E forse non ce n’è stata abbastanza, già nella giunta Marino.

ANSA/GIORGIO ONORATI
ANSA/GIORGIO ONORATI

La fuoriuscita di Berdini annuncia un punto di non ritorno? Esiste una realtà sociale e civile responsabile capace di avere voce in capitolo oltre ?
Non c’è mai totalmente un punto di non ritorno, ma sicuramente la situazione è molto difficile e l’attuale amministrazione capitolina alle volte non sembra rendersi conto della gravità della situazione, sia per la città che per l’amministrazione stessa. La realtà sociale e civile romana è molto attiva ed estremamente consistente, ma non riesce a raggiungere un peso, un’organizzazione ed una soggettività politiche che riescano a ribaltare la situazione.

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