L’Italia sul fronte coronavirus

Una grande zona arancione di sicurezza nel Centro Nord, Lombardia compresa. Misure stringenti a livello nazionale. Decreti urgenti nel cuore della notte per fermare l’espandersi del contagio. Le domande dei cittadini e la questione dei poteri da esercitare in tempi straordinari
Giuseppe Conte (Foto Filippo Attili/LaPresse)

“Italia in quarantena” è il titolo sommario che descrive la situazione del nostro Paese nel mondo. La progressione del contagio da Coronavirus ha provocato in pochissimo tempo, prima, giovedì 5 marzo, la chiusura fino al 15 marzo di tutte le scuole di ogni ordine e grado in Italia. Subito dopo, sabato 7 marzo, è trapelata la notizia dell’istituzione di una “zona arancione”, con rigide limitazioni alla circolazione interna ed esterna, all’intera regione Lombardia e 14 provincie del Centro Nord del Paese (Modena, Parma, Piacenza, Reggio dell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia).

Il decreto del presidente del consiglio (Dpcm) è, poi, arrivato, con tanto di conferenza stampa, la notte tra sabato 7 e domenica 8 marzo, definendo le prescrizioni più restrittive rivolte alla Lombardia e province interessate, parte del cuore produttivo del Paese, e quelle destinate ad essere vigenti su tutto il territorio nazionale. Nell’Italia intera si conferma la chiusura dei luoghi di ritrovo pubblico (musei, cinema, teatro, pub, sale da ballo, discoteche, sale dell’azzardo), lasciando in piedi solo bar, ristoranti, palestre e piscine che siano in grado di assicurare la distanza di un metro tra i clienti.

La Chiesa italiana ha dato precise direttive per la sospensione di tutte le cerimonie religiose, funerali compresi, fino al 3 aprile. Continuano a viaggiare i mezzi del trasporto pubblico, tenuti comunque a disinfettare le vetture.

I provvedimenti urgenti sono stati anticipati in maniera irregolare alla stampa per colpa di soggetti ancora ignoti, generando reazioni incontrollate. Come il ritorno precipitoso nelle regioni del Sud di un numero incerto di fuori sede. Un comportamento che può compromettere l’efficacia delle misure di contenimento della diffusione del virus. Lo confermano le reazioni di alcuni presidenti di Regione che temono la carenza delle strutture mediche del Mezzogiorno, terra abituale di migrazione sanitaria.

Siamo davanti a provvedimenti eccezionali, mai adottati finora nel nostro Paese, che non possono non suscitare richieste di chiarimenti di ogni genere in diversi settori. E, infatti, si annunciano ulteriori provvedimenti esplicativi. Indispensabili, ad esempio, quelli relativi alla necessaria circolazione delle merci.

Le tante fonti di informazione, compresi ovviamente i social, hanno veicolato di tutto. Dai comunicati ufficiali, alle interpretazioni di esperti, o presunti tali, fino alle dichiarazioni anche polemiche dei partiti e di certa stampa che ha preso di mira, in particolare, il presidente del consiglio Giuseppe Conte. Abbondano i riferimenti allo sbando dell’8 settembre 1943 e alla sconfitta di Caporetto nel 1917, mentre Conte dice di ispirarsi alla determinazione di Churchill “nell’ora più buia” dell’attacco delle truppe naziste alla Gran Bretagna nel 1940. Tutti paragoni che rimandano a scenari di guerra.

È comprensibile che il cittadino medio sia esposto ad una certa confusione davanti ad uno stato di cose straordinarie e necessiti, pertanto, di indicazioni chiare e univoche. Il contributo dell’esperto Adriano Pischetola pubblicato sul sito Città Nuova cerca di andare incontro a tale esigenza.

Non si possono dimenticare, tuttavia, i casi di coloro che, pur conoscendo le prescrizioni, continuano a non rispettare le regole dettate per l’incolumità della salute pubblica. Sempre di più emerge il paragone con il diverso modello di rigida segregazione imposto a Wuahn, in Cina, luogo probabile della prima contaminazione umana del Covid 19.

Il numero crescente dei contagiati pone in evidenza la difficoltà di un Paese democratico, pur dotato ancora di un ottimo servizio sanitario, di disporre di strumenti efficaci di controllo della popolazione. Il ministro della Sanità Roberto Speranza promette il “pugno duro” mentre Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha adottato la direttiva ai prefetti per l’attuazione dei controlli nelle “aree a contenimento rafforzato”.

L’ultimo comunicato (8 marzo 2020) del capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, riporta il numero di «6.387 pazienti contagiati: di questi 2.180 sono in isolamento domiciliare, 3.557 sono ricoverati con sintomi, 650 sono in terapia intensiva o subintensiva». Il numero dei pazienti risultati positivi al virus è cresciuto di 1.326 in un giorno: tra questi già troviamo, ad esempio, il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il governatore del Piemonte Alberto Cirio e il capo di stato maggiore generale Salvatore Farina.

Si annuncia un piano di acquisto di 22 milioni di mascherine chirurgiche dal 12 marzo al 30 aprile. È stato annunciato anche un piano straordinario di assunzioni del personale sanitario.

Siamo davanti alla punta di un iceberg del piano di investimenti indispensabili per un Paese che deve affrontare le conseguenze di una inevitabile recessione economica. Le misure di bilancio, che verranno discusse mercoledì 11 marzo in Parlamento, saranno tutte incentrate sul rapporto con i vertici dell’Ue.

Secondo l’economista Gustavo Piga, dell’Università di Roma Tor Vergata, l’Italia dovrebbe seguire l’esempio degli Usa di Roosevelt durante la crisi del 1929 con investimenti pubblici massicci fino a quando non si invertirà la tendenza. Perché, come diceva quel presidente statunitense, «l’unica paura di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa».

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