Libia. Si lavora per la tregua

Mons. Martinelli, vescovo di Tripoli, è cautamente ottimista sui segnali di dialogo tra Tripoli e Bengasi: «Sbagliato non fermare le bombe per il Ramadan»
Macerie dopo un bombardamento in Libia

Alla fine il suo appello sul cessate il fuoco durante il Ramadan non ha trovato interlocutori pronti. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli è dispiaciuto per la decisione della Nato di non dar tregua ai bombardamenti durante il mese sacro dei musulmani. Dopo cinque mesi dall’inizio dell’offensiva contro la Libia nessuna deroga è ammessa, «anche se qualche politico italiano mi aveva chiamato per sostenere la mia proposta, – spiega al telefono – ma la Francia è rimasta irremovibile sulle sue idee».

 

Il cessate il fuoco chiesto dal vescovo cattolico è stato molto apprezzato da tanti libici, sorpresi che a farlo fosse un cristiano, davvero interessato alla loro sorte, mentre i musulmani in altre sedi governative non sono riusciti a rilanciare la proposta con altrettanta convinzione. La tregua per il Ramadan, che inizia l’1 agosto, avrebbe potuto essere un punto di incontro importante tra le due religioni, in vista anche di un progetto di pace comune.

 

Nonostante l’apparente disfatta, mons. Martinelli manifesta un cauto ottimismo. Alla fine della telefonata, tuttavia, abbandona la cautela per una più convinta prospettiva positiva. «Ci sono segni di riconciliazione sia da parte di Tripoli che da parte di Bengasi. Si è intanto accettato che Gheddafi rimanga in Libia, ma non al governo. Ci sono mediatori indipendenti al lavoro, ed anche se è una cosa lenta e difficile, in questo momento è la nostra unica possibilità».

 

Intanto i bombardamenti continuano, non sulla città di Tripoli ma su obiettivi sensibili e su caserme militari in periferia. Si contano più di 46 mila incursioni in cinque mesi, che si sono intensificate per accelerare la capitolazione di Gheddafi. Sulle montagne al confine con la Tunisia invece i combattimenti si svolgono via terra. «Noi sentiamo gli aerei volare ogni notte sulle nostre teste, e la gente è veramente stanca di vivere nella paura» spiega ancora Martinelli. «Questa settimana una famiglia libica mi ha chiesto il visto per trascorrere il mese di Ramadan in pace. E visto che l’ambasciata italiana è chiusa, siamo riusciti ad ottenerne uno per la Tunisia».

 

Non cessa poi il dramma dei profughi: sono 150 mila i libici che hanno lasciato il Paese per la vicina Tunisia. Mentre gli eritrei e i sub sahariani che premevano alle frontiere hanno già preso la via di Lampedusa e degli altri paesi del Maghreb, che si trovano ad affrontare una grave emergenza umanitaria.

 

«La Chiesa da parte sua sta dando una bella testimonianza – conclude Martinelli-. Resiste ancora la comunità filippina, con circa duemila persone e molti africani. Sabato e domenica li vedrò durante le messe nelle diverse lingue. La fede è davvero la nostra forza». Insiste il presule sul diffondere questa volontà di pace e su questo mese di conversione che si avvicina. Lui spera ancora che la Nato modifichi la sua posizione a favore dell’unica arma di riconciliazione davvero duratura: la pace.

 

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