Libia e contractor

Sullo scenario tripolitano e cirenaico sono presentissimi i “professionisti” della guerra, sia di matrice turca che russa. La Conferenza di Berlino resta ancora incerta nei suoi effetti…

Come sia andata la Conferenza di Berlino per il cessate il fuoco in Libia di domenica 19 gennaio, ancora non lo si capisce bene. Ma al di là del fatto se succederà qualcosa di nuovo, colpisce comunque molto la grande quantità di interlocutori presenti. C’era bisogno di tutti questi attori sul palcoscenico? Pare di sì. Accanto ai due diretti contendenti: Fayez al-Serraj, leader del governo di accordo nazionale (Gna) riconosciuto dall’Onu, e Khalifa Haftar, generale dell’esercito nazionale libico (Lna) e uomo forte della camera dei rappresentanti di Tobruk, c’erano i delegati ufficiali di Algeria, Cina, Congo, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Russia, Turchia, Usa e gli Alti rappresentanti di Nazioni Unite, Unione africana, Unione europea e Lega araba. Però non c’era nessuna rappresentanza delle compagnie di contractor presenti in Libia. Non c’erano per un motivo molto semplice: ufficialmente non esistono. Tutti sanno chi, dove, quanti sono e chi li paga, ma nessuno ne ammette l’ingaggio.

Le compagnie di contractor sono quelle che tanto tempo fa si chiamavano compagnie di ventura o, in tempi più recenti, di mercenari. Oggi molto più elegantemente si chiamano Pmc (Private military company) e sono proliferate soprattutto verso la fine del secolo scorso a partire dalle guerre dei Balcani, poi in Afghanistan, Iraq, Siria, Ucraina.

Per quanto riguarda i contractor russi che supportano le milizie di Haftar, scrive Rocco Bellantone in un interessante reportage sul proliferare delle Pmc in Africa pubblicato su Nigrizia di questo mese: «Contractor russi sono stati ingaggiati per addestrare i soldati dell’esercito del generale Haftar nella base egiziana di Sidi Barrani, vicino al confine con la Libia». Si tratterebbe della ben nota compagnia Wagner-Group, presente in Cirenaica con un cospicuo contingente di almeno 300 uomini, ma secondo il governo di Tripoli sarebbero più di 800, e non si occuperebbero solo di addestramento e vigilanza. La Wagner sarebbe di proprietà dell’imprenditore russo Yevgeny Prigozhin, ritenuto molto vicino al Cremlino. L’interessato ovviamente nega, come pure il Cremlino. Comunque la Wagner, che avrebbe esordito nel Donbass ucraino, ha operato in Siria a Deir Ezzor, ed è attualmente ingaggiata a molte latitudini: Madagascar, Venezuela, Mali, ecc… Accanto al generale Haftar ci sarebbe anche un contingente di almeno mille uomini delle Rapid support forces, una Pmc sudanese che da anni fa il lavoro sporco per i sauditi nella guerra dello Yemen.

Sul fronte di Tripoli, accanto alle milizie tribali che sostengono al-Serraj ci sarebbe la Pmc Sadat che fa capo ad Adnan Tanriverdi, un militare turco in pensione. La compagnia fornirebbe attualmente sostegno e addestramento militare in 22 Paesi del mondo islamico. Forse sono collegati a questa Pmc i contractor che, a detta di vari osservatori, stanno arrivando a Tripoli. Ovviamente la cosa è smentitissima a livello ufficiale. Secondo il quotidiano inglese The Guardian, sarebbero già arrivati in Libia, in dicembre, 650 combattenti turcomanni e siriani filo-turchi (ribelli anti-Assad) ed altri 1.350 si preparerebbero a raggiungerli, come pure un numero imprecisato di combattenti della Legione islamista Sham, che si trovano ancora in territorio siriano. Potrebbero essere più o meno dalle parti di Idlib.

Senza parlare delle armi che queste Pmc ed altre mettono in campo: anche aerei e droni, soprattutto droni. Di tutti i tipi e provenienze. In questo campo, accanto alla supremazia statunitense si starebbero affiancando produttori di un centinaio di Paesi, Italia compresa. Anche gli utilizzatori sono in crescita. Tra gli altri si distinguono Usa, Regno Unito e Turchia, ma dietro a questi tre Paesi sarebbero in buona posizione Israele, Pakistan, Arabia Saudita, Emirati, Egitto e Nigeria.

Una domanda sorge impellente, quella stessa che si poneva qualche giorno fa Michele Zanzucchi su queste pagine: «Ma dov’è il popolo libico?» . È il grande assente che per molti attori dello scenario libico sembra contare molto meno del potere, del petrolio e degli schieramenti. Il tentativo della Conferenza di Berlino è comunque apprezzabile: vale sempre la pena di cercare ad ogni costo di far tacere le armi. Sperando che serva a far crescere la pace.

 

 

 

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