Libertà e Costituzione non di parte

Ieri alla manifestazione sulla libertà di stampa organizzata dalla Federazione nazionale della stampa la vera protagonista è stata la Carta del ’48, che andrebbe riletta a tutela di tutti.
manifestazione piazza navona

Popolo viola, partigiani del terzo millennio, generazione post-it, gazebo delle agende e poi quotidiani di partito, sigle politiche e sindacali e tante telecamere, fotografi e cronisti. Insomma chi arrivava a piazza Navona ieri pomeriggio fotografava immediatamente la libertà d’espressione più varia, quella che dal palco si voleva difendere e tutelare e che la piazza esprimeva nelle quotidiane battaglie. La manifestazione per la libertà di stampa indetta dalla Federazione nazionale della stampa (Fnsi) ha visto presenze importanti di giornalisti e cittadini e ha dato spazio alle tante contestazioni al disegno di legge sulle intercettazioni, fortemente voluto dalla maggioranza e fortemente criticato da giornali e magistrati.

 

Proclami, proposte, testimonianze, critiche più o meno agguerrite: molteplici le voci che si sono espresse, nessuna arringa politica anche se i politici erano mescolati alla gente. L’inno d’Italia, in apertura di manifestazione ha fermato tutti, anche i turisti che cercavano di capire cosa quelle bandiere e quell’adunata incurante della calura significassero. Qualcuno l’ha cantato con la mano sul cuore, qualcuno si è commosso, molti erano ritti in silenzio. Un clima d’altri tempi, ma che ha poco di nostalgico e molto di impegno e voglia di non dimenticare la storia.

 

Ma la vera novità della piazza di ieri è stata la Costituzione. Tiziana Ferrario, giornalista del Tg1 l’ha citata leggendo in apertura di serata l’articolo 21 sulla libertà d’espressione, ma molti giravano attorno all’obelisco con in mano una copia stampata. Sì, perché mentre tanti parlano di riformare la carta del ‘48 e alcuni si battono per difenderla, la verità è che pochi la conoscono e ancor meno sono quelli che la studiano. Ieri pomeriggio invece non ci si limitava a sfogliarne distrattamente le pagine, ma c’era chi leggeva con curiosità ed interesse. Perché la Costituzione in fondo declina nei suoi articoli quella libertà che la legge bavaglio mira ad intaccare sotto molti aspetti.

 

«Il primo luglio potrebbe diventare la giornata della resistenza civile del terzo millennio», ha proposto Franco Siddi, segretario del Fnsi nel discorso d’apertura. «Non pensavamo che oggi si sarebbe ritornati ad essere partigiani del terzo millennio», ha continuato. E invece occorre mettersi dalla parte della Costituzione, dove le tutele appartengono alla collettività, a tutti. E quindi tornare a rileggerla, a parlarne senza doversi collocare a destra e a sinistra, e ridiscuterla nelle sedi opportune, ma senza l’acrimonia o l’interesse di una sola parte.

 

Sempre ieri il presidente della Repubblica, sommo garante della Carta costituzionale ha parlato di criticità nella legge che si andrà a discutere alla Camera il prossimo 29 luglio, criticità che vanno valutate e che sono state evidenziate anche nella stessa maggioranza. Resta fuor di dubbio che di una legge di regolamentazione della privacy c’è bisogno, perché accanto agli usi legittimi, tanti sono stati gli abusi e che forse un maggior rispetto dei codici deontologici da parte degli stessi giornalisti avrebbe potuto evitare per avviare una riforma più serena e non così concitata e rinchiusa dietro barricate di parte.

 

Anche le bandiere e gli striscioni in piazza, purtroppo solo di una parte, facevano pensare ad una protesta contro il governo. In verità più che piazze di protesta servono luoghi di pensiero ed è quello che in tanti ieri pomeriggio reclamavano, attorno a gazebo e banchetti. Quella Carta e quegli articoli sono pagine di storia comune, pagine di pensiero e di cultura che occorre tradurre in quotidianità. E certamente questo è l’auspicio di tutte le parti e di tutti i partiti chiamati in causa. Quel “No al silenzio di Stato contro i tagli e i bavagli alla conoscenza e alla cultura”, che troneggiava sullo sfondo del palco non può essere appannaggio solo di qualcuno.

 

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