L’estate bollente del calcio italiano

Tra fallimenti, mancati ripescaggi e crisi istituzionali, il calcio italiano non sembra ancora essere ripartito dopo lo shock dell’eliminazione dal Mondiale di calcio

L’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus aveva acceso gli animi: l’approdo in Italia di quello che da molti addetti ai lavori è definito il miglior giocatore attualmente in circolazione è stato infatti visto come l’emblema della lenta ripresa del nostro calcio. Era da tanto che la Serie A non veniva illuminata dalle giocate di quelli che ormai si definiscono top player: l’abbaglio, però, è durato troppo poco e la cronaca sportiva dei mesi estivi è stata letteralmente sommersa dalle notizie di fallimenti eccellenti, improvvisi blocchi nei ripescaggi, conflitti tra le varie istituzioni che regolano il mondo del pallone, slittamenti di interi campionati. Un evidente segnale di come l’arrivo di un fenomeno come CR7 non possa aver magicamente risolto le criticità di un sistema che non riesce a rinnovarsi.

Fallimenti: Avellino, Bari e Cesena punta dell’iceberg
Avellino, Bari e Cesena scompaiono dal calcio professionistico: tre piazze gloriose, con tifoserie calde e una lunga storia alle spalle, tra cui spiccano decine di campionati in A. Un’eredità calcistica spazzata via in un attimo, simbolo di una crisi economica che sembra purtroppo irreversibile. Ad esser fatale all’Avellino, sui cui gravava una pesante situazione debitoria, è stata una fideiussione bancaria presentata in ritardo. Il Bari, invece, ripartirà dalla Serie D, con Aurelio De Laurentiis al timone (pronto a forzare la mano per far ripescare la sua squadra in C, ndr): il fallimento è stato decretato dalla mancata ricapitalizzazione di 4,5 milioni. Il vecchio proprietario, Cosmo Giancaspro, ne aveva solo 1,5 a disposizione e non ha trovato in tempo aiuti esterni.

Il Cesena, poi, non ha trovato l’accordo con l’Agenzia delle Entrate per rateizzare il debito contratto: la società ha dovuto aderire all’istanza di fallimento della procura della Repubblica di Forlì. Un crollo vistoso che, però, è solo la punta dell’iceberg: in C sono scomparse Reggiana e Andria, c’è il Modena che è fallito durante lo scorso campionato e molte società che versano in situazioni di perenne difficoltà economica. Non bisogna dimenticare poi il Chievo, scampato all’accusa di plusvalenze fittizie e alla retrocessione solo per un vizio procedurale: il Foggia, invece, partirà dalla B con 15 punti di penalizzazione per illecito amministrativo.

Serie B: è caos ripescaggi
Sul dramma sportivo di Avellino, Bari e Cesena si innesta la tragicommedia dei ripescaggi in Serie B. Catania, Novara, Pro Vercelli, Robur Siena e Ternana sarebbero in lista per occupare le tre caselle lasciate libere dai fallimenti: siciliani e piemontesi erano stati rimessi in carreggiata da una sentenza del Tribunale federale nazionale (poi confermata dalla Corte d’appello federale) che modificava i criteri da adottare per la graduatoria. La Federazione prima ha ribadito la necessità di una B a 22 squadre, per poi improvvisamente cedere alle spinte della Lega B che premeva da subito per una serie cadetta a 19.

Alla fine l’ha spuntata la Lega, con il commissario Figc Roberto Fabbricini addirittura costretto a forzare le norme organizzative interne della Federazione (che prevedono un anno di tempo per la modifica degli ordinamenti), dando in fretta e furia il via libera alla stesura dei calendari. Sullo sfondo, poi, c’è il Collegio di garanzia del Coni, ultimo grado della giustizia sportiva italiana, chiamato a pronunciarsi il 7 settembre sulla legittimità della nuova Serie B a 19 e sul merito della sentenza della Corte d’appello, decisiva per formulare le eventuali graduatorie delle ripescate.

Lo stallo istituzionale del calcio italiano
Lo strappo della Lega, avallato dalla Federazione, ha creato una tensione altissima tra le varie componenti del sistema calcio italiano. Il presidente della Lega Pro Gabriele Gravina (che, nel frattempo, ha deciso di far slittare l’inizio della Serie C a metà settembre), ha dichiarato come il blocco dei ripescaggi rappresenti la presa d’atto dello «sfascio senza guida del calcio italiano». Il presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi ha rincarato la dose: «Si tratta di una presa in giro: mi sembra grave anche la modalità con cui la Federcalcio ha annunciato in un comunicato l’operazione. Sono in totale disaccordo con la loro scelta».

Dall’altra parte della barricata ci sono Mauro Balata, presidente della Lega B e il commissario Fabbricini: «Avevamo l’esigenza di dire alle nostre società di partire e giocare le partite – ribadisce Balata -, bisognerà però fare una riflessione profonda per avere regole certe e tempi più accelerati». Gli fa eco Fabbricini: «Trascurando per una volta il metodo, indubbiamente anomalo – riferisce il capo della Federcalcio al Corriere dello Sport – ribadisco che sono sempre stato favorevole alla riduzione del numero delle squadre. Il sistema non si regge in piedi: è necessaria una riforma che scontenterà qualcuno, ma che possa permettere al calcio italiano di sopravvivere».

Singolare che il presidente della massima istituzione calcistica in Italia decida di glissare proprio sul metodo: le riforme migliori, quelle che funzionano, dovrebbero essere figlie di una certa programmazione e concertazione. L’effetto di questo colpo di mano potrebbe essere deleterio, infatti, per le stesse casse della Federazione: le squadre tagliate fuori dai ripescaggi ricorreranno alla giustizia amministrativa, ordinaria e sportiva per avere quantomeno dei lauti risarcimenti. Sullo sfondo, ci sono poi le grandi manovre per l’elezione del nuovo presidente della Figc, previste per il 22 ottobre in un clima che, di sicuro, sarà ben poco edificante. A nove mesi dalla mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali 2018, il calcio italiano continua a brancolare nel buio.

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