L’eredità “verde” di papa Francesco

Dopo aver portato il suo straordinario contributo per la cura della casa comune con l’enciclica Laudato si’ (2015), completata dall’esortazione apostolica, Laudate Deum (2023), papa Francesco, usando le sue stesse parole (LS 243), ha raggiunto “la casa comune del cielo”. A lui, che oggi non è più tra noi, va il nostro più profondo e riconoscente grazie.
Il suo messaggio ha superato i confini del cattolicesimo coinvolgendo tutti, credenti e non, ad una visione integrale dell’ecologia «che nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda» (LS 15).
Per lui era chiaro che la cura della Terra e la cura dell’uomo camminano insieme. Ed ora lo è anche per tanti di noi. Rifiutando la logica dell’uomo dominatore della terra, ha proposto, in continuità con la giusta interpretazione delle scritture, una “ecologia del legame”, in cui tutto è in relazione con tutto.
Ha acceso una luce nuova su piccoli gesti che troppo spesso compiamo senza dar loro il giusto peso: la bontà, lo stupore, il rispetto per il creato e per ogni essere vivente, ribadendo che «non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo» (LS 212). Con sguardo profetico, ha messo a fuoco che non basta l’impegno del singolo ma servono reti comunitarie ed ancora serve una politica responsabile con uno sguardo globale.
In linea con i suoi predecessori, Francesco ha anche auspicato (LS 175) una vera autorità politica mondiale al servizio del bene comune.
In questa storica enciclica Francesco ha smascherato gli interessi economici che, svuotando il mondo di senso, riempiono il cuore di oggetti da comprare e consumare e, nello stesso tempo, ci ha dato la chiave per essere più umani riproponendo uno stile di vita sobrio, in quanto «quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona ed ogni cosa» (LS 223).
Per la prima volta il papa ha parlato di “debito ecologico“, denunciando con lucidità e dolorosa consapevolezza l’ingiustizia sistemica che vede i Paesi ricchi, responsabili delle maggiori emissioni di gas serra, ignorare i Paesi più poveri che, pur avendo contribuito minimamente al problema, subiscono le conseguenze più drammatiche del cambiamento climatico. Cito brevemente: «Bisogna conservare chiara la coscienza che nel cambiamento climatico ci sono responsabilità diversificate» (LS 52). «Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra, specialmente in Africa, dove l’aumento della temperatura unito alla siccità ha effetti disastrosi sul rendimento delle coltivazioni» (LS 51).
Con coraggio ha contrapposto il debito ecologico al debito estero lamentando che, «mentre quest’ultimo si è trasformato in uno strumento di controllo, non accade la stessa cosa con il debito ecologico» (LS 52).
Un concetto ripreso nel messaggio mondiale per la pace del gennaio 2025 in cui Francesco ha invitato, in questo anno giubilare, «la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo».
Ora il testimone è passato al nuovo pontefice, papa Leone XIV, che, insieme al suo immediato appello per la pace e la giustizia sociale ha fatto suo il grido: «Mai più la guerra!», conoscendone l’impatto ambientale, economico e sociale.
Con lui e con tutti quelli che in questi anni hanno fatto loro il messaggio della Laudato si’, continuiamo a camminare “cantando”, come ci suggeriva Francesco, certi che «alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio e potremo leggere con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo, che parteciperà insieme a noi della pienezza senza fine» (LS 243).
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