Le suorine, Schengen, “Zaman”, gli annegati e l’indifferenza

Weekend assai ricco di notizie dolorose di fronte alle quali rischiamo l’indifferenza, come dice Francesco. Per assuefazione, per ignavia o per rifiuto di quel che fa male
«Infradito» Venezia Biennale © Michele Zanzucchi 2015

Quattro suorine di Madre Teresa ammazzate ad Aden, in Yemen, assieme a 12 altre persone nell’assalto alla casa di riposo dove le religiose operavano, nonostante il pericolo evidente, palpabile, che si respira in una nazione devastato da una guerra infra-musulmana, tra sunniti sostenuti dall’Arabia Saudita e sciiti invece appoggiati da Teheran. Una guerra dimenticata, forse mai conosciuta, che di vittime ne sta mietendo a decine di migliaia. Papa Francesco ha detto all’Angelus che le suore sono «martiri dell’indifferenza», come lo sono gli altri morti nell’attacco, come lo sono i 25 annegati al largo dell’isola di Kos, come lo sono i 300 mila morti della guerra siriana, come lo sono i tanti morti in una Libia che pare sospesa nel vuoto in attesa della deflagrazione della guerra…

 

L’indifferenza è la malattia del secolo. Abbiamo paura e questo in qualche modo richia di tacitare le nostre coscienze: io soffro già di mio, perché debbo interessarmi ai dolori altrui? Ad esempio ai giornalisti del giornale turco Zaman, vittime di un raid della polizia di Ankara che li ha sostituiti con cronisti accomodanti col regime di Erdogan. Col quale, nelle stesse ore, l’Unione europea cerca di stringere un accordo perché le sue forze dell’ordine impediscano che tanti profughi prendano la via dell’Europa. Un modo per tacitarsi le coscienze, i profughi di guerra ci saranno sempre ma rimarranno invisibili a noi e non arriveranno più in Grecia o in Italia con i gommoni, ma saranno condannati a vagare in un Medio Oriente sempre più caotico e sconvolto dai conflitti.

 

Sì, preoccupiamoci di Schengen, che oggi al vertice europeo con molta probabilità verrà “ibernato”; sì, cerchiamo di controllare le nostre frontiere esterne; sì dividiamoci le quote di immigrati contingentandoli col bilancino. Ma non dimentichiamoci che la sofferenza è liquida, è spirituale, invade gli interstizi della vita e della società: figurarsi se non saprà superare le barriere di filo spinato che l’Unione sta stendendo tutt’attorno ai suoi confini.

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