Le ragioni del NO secondo il MoVimento 5 Stelle

Intervista a Danilo Toninelli, cittadino portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera dei deputati. L'invito a ricomporre il patto sociale, al di là dell'esito del voto
Toninelli Ansa

Avvicinandosi la data del referendum del 4 dicembre, nel quadro del dialogo che Città nuova promuove con interventi che impegnano le ragioni dei singoli autori e interviste alle diverse posizioni in campo,  abbiamo rivolto alcune domande al deputato Danilo Toninelli che svolge la funzione di “portavoce cittadino alla Camera dei Deputati” per il MoVimento 5 Stelle.

 

Quali sono i motivi decisivi che hanno spinto il M5S a promuovere una campagna referendaria per il No alla riforma costituzionale?

«La riforma costituzionale è stata approvata a colpi di maggioranza. Chiedere ai cittadini di fermare una riforma così vasta approvata da un Parlamento eletto con una legge illegittima era il minimo per qualsiasi forza politica sinceramente democratica. Inoltre, anche se il referendum è uno strumento che la Costituzione prevede proprio a garanzia dei cittadini contro le maggioranze parlamentari contingenti, la campagna referendaria è stata promossa anche da Renzi, che fin da quando è andato al Governo ha deciso di fare di questo referendum un plebiscito sulla sua persona».

 

La vostra tesi parla di perdita di sovranità ma a cambiare sono gli articoli della seconda parte della Costituzione. Perché sono così importanti?

«La riforma riguarda gli articoli della seconda parte della Costituzione che sono quelli che disciplinano l’organizzazione dello Stato, cioè il modo in cui la sovranità concretamente si esercita. 

Nella versione riformata di questi articoli il Senato non sarà più direttamente elettivo ma dal Senato continuerà a dipendere il potere più grande, quello che appunto rappresenta meglio la sovranità, il potere di revisionare la Costituzione. Al Governo sarà attribuito il potere di imporre al Parlamento di pronunciarsi sulle leggi da lui proposte e quello che oggi è considerato abusivo, cioè il ricorso continuo ai decreti-legge che sono leggi fatte dal Governo e non dal Parlamento, diventerà la norma, con leggi che invece di essere chiamate decreti saranno chiamate “leggi a corsia preferenziale”. Oltre a fare le leggi al posto del Parlamento il Governo farà le leggi anche al posto delle assemblee elettive regionali, grazie alla “clausola di supremazia”, che noi chiamiamo “clausola di sottomissione”, alla quale potrà fare ricorso arbitrariamente. Il pericolo per la sovranità dei cittadini espressa mediante i loro rappresentanti eletti mi sembra evidente».

 

Se il Parlamento è illegittimo per l’incostituzionalità della legge (Porcellum) che lo ha fatto eleggere, quale sarebbe il compito che dovrebbe svolgere la funzione legislativa?

«Una volta accertato che il voto dei cittadini è stato stravolto da un meccanismo antidemocratico, il Parlamento avrebbe dovuto essere sciolto, al massimo dopo aver approvato una nuova legge elettorale che correggesse i difetti di quella precedente seguendo scrupolosamente le indicazioni della Corte costituzionale, occupandosi nel frattempo solo della gestione degli affari correnti. Invece questo Parlamento non solo ha continuato a fare le leggi come se nulla fosse ma ha deciso di nominare un nuovo Governo e ha persino fatto una enorme riforma di un terzo della Costituzione. Qualcosa che se non fosse successo sarebbe incredibile».

 

Quale percorso di riforme istituzionali vedete urgenti?

«Noi non vediamo “urgente” nessun percorso di riforme istituzionali, perché le riforme istituzionali non possono mai essere “urgenti”. Le riforme “urgenti” sono il viatico delle degenerazioni delle democrazia. In ogni caso se dovessimo dare priorità a una riforma istituzionale questa riguarderebbe sicuramente la legge elettorale, dato che il Presidente del Consiglio ha pensato bene di fare una legge elettorale che ha gli stessi difetti di quella dichiarata illegittima, se possibile aggravati.

Altre modifiche costituzionali sono sicuramente possibili e anche presenti da sempre nei nostri programmi, ma vanno fatte nel rispetto delle procedure e con un Parlamento pienamente legittimato dal voto dei cittadini».   

 

Opponendovi all’Italicum quale legge elettorale proponete? Con quali prospettive per la governabilità in un corpo elettorale diviso in tre grandi minoranze e altre forze minori?

«La nostra legge elettorale è il frutto di un lavoro di condivisione online con migliaia di cittadini che ne hanno votato i vari passaggi dopo essere stati informati su tutti gli aspetti e le varie proposte. Si tratta di una legge elettorale che ha una base proporzionale e prevede le preferenze, ma con collegi pensati in modo tale da assicurare meccanismi “naturali” per favorire la governabilità e non premi ritagliati su misura in base ai sondaggi dell’ultimo momento. Con una legge come questa, che lega gli eletti ai territori di elezione con un mandato chiaro, pensiamo sia possibile ottenere una governabilità sana, non una in cui una minoranza si trasforma in maggioranza stravolgendo i voti espressi solo perché ha urlato più forte fino alla sera delle elezioni.

Il corpo elettorale è in realtà diviso in due grandi forze, una che vuole il vero cambiamento e l’altra che vi si oppone, per cui credo che alla fine questo emergerà anche nelle elezioni politiche, che comunque non dovrebbero mai essere influenzate da prospettive sulla governabilità ma dai programmi per i cittadini e dalla credibilità di chi li propone».  

 

Cosa proponente in caso di vittoria del NO? E quali scenari si aprono per l’opposizione in caso di vittoria del SI?

«In caso di vittoria del NO non spetta a noi fare proposte, ma chiaramente chiederemo che si vada a elezioni al più presto, per rimuovere il Governo che ha tentato di stravolgere la Costituzione e per ripristinare la legittimità del Parlamento. In caso di vittoria del SI l’opposizione dovrà incrementare ulteriormente i suoi sforzi per opporsi allo strapotere di un uomo solo e a tutto quello che potrà realizzare».

 

Temete una deriva verso la spaccatura del Paese dopo il referendum?

«Certamente questo referendum ha spaccato il Paese in due dividendo i cittadini sulla cosa sulla quale dovrebbero essere più concordi: la Costituzione, che è il patto sociale che ci unisce tutti. Non temo derive ma credo che si dovrà fare un grande lavoro per ricostruire, per ricomporre questo patto che questo Governo ha irresponsabilmente messo a rischio solo per autolegittimarsi».

 

Da alcuni osservatori siete accomunati a Trump come forza antisistema e populista. Come rispondete a tale classificazione? 

«Gli osservatori sembra che continuino ad osservare la realtà con convinzioni e prospettive del secolo scorso. Se per “antisistema” si intende una forza che si oppone al sistema attuale e per “populista” si intende una forza che si pone a servizio del popolo credo che questi aggettivi potrebbero anche descriverci, ma al di là di queste classificazioni semplicistiche non vedo nessuna particolare convergenza con il neo presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump. Penso che chiunque possa constatare che abbiamo storie, programmi, idee e metodi radicalmente differenti. Certo, se il suo programma dovesse avere punti di convergenza con i nostri – penso ad esempio all’opposizione al pericoloso trattato di libero scambio transatlantico noto come TTIP –  sarebbe qualcosa di positivo e quindi benvenuto, perché noi non abbiamo mai fatto opposizione pregiudizialmente e abbiamo sempre appoggiato le proposte positive altri. Ma l’unica cosa che ci accomuna, probabilmente, è proprio il giudizio di questi osservatori, che ritenevano impossibile la nostra affermazione e che adesso ancora si domandano come si sia potuta verificare, invece di pensare che forse è il momento di mettere in discussione sé stessi e i parametri sui quali fondano le proprie analisi». 

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