Le priorità per lo sviluppo economico de L’Aquila

Su cosa deve puntare la città per ricostruire, oltre ai palazzi distrutti, anche il suo futuro? Il sindaco Massimo Cialente non ha dubbi: su alta formazione, cultura, ambiente e green economy. E sulla ricerca di talenti e di nuovi fondi
L'Aquila foto di Giuseppe Di Stefano

«Il vero problema, in questo momento, per l’Aquila, è come fare ad avere un futuro economico, visto che il terremoto, che si è verificato in un momento in cui il nostro Paese e l’Europa erano in difficoltà, ha centuplicato la crisi economica. Oggi si deve ridare una speranza ai cittadini. Noi stiamo lavorando per questo e adesso che il governo ci ha dato i soldi per il rilancio economico e produttivo del territorio, vinceremo se ci faranno lavorare». Massimo Cialente è al secondo mandato come sindaco de L’Aquila e lo era già quando il sisma del 6 aprile 2009 quasi distrusse la città e le sue numerose frazioni. Dopo 7 anni, una parte del lavoro è stata compiuta, in particolare nella parte più periferica della città, dove si erano avuti i danni minori; ma il grosso della ricostruzione è ancora tutto da realizzare, soprattutto nel centro storico cittadino e nei centri rurali.

 

Sindaco Cialente, a che punto sono i lavori?

«A L’Aquila abbiamo quasi concluso la ricostruzione delle periferie. Dal primo gennaio 2010 al maggio 2015 sono rientrati nelle proprie case 44 mila sfollati. La percentuale l’anno scorso, stando ai dati ufficiali, era del 95%. Ad oggi credo che siamo arrivati a circa 45-46 mila persone, pari al 97-98%».

 

Il centro storico, invece, è ancora da ricostruire….

«Nel centro storico la ricostruzione è potuta partire solo nel 2013, perché prima non c’erano soldi. Adesso procediamo con una media di quasi 900 milioni l’anno di cantieri, perché dall’anno scorso Renzi finalmente ci ha dato i fondi. Tra uno o due anni sarà completamente rifatto l’asse centrale, poi procederemo man mano nelle altre strade. C’è anche il problema delle frazioni, per le quali si procede lentamente perché abbiamo pochissimo personale per andare avanti. Questo è dovuto a un errore gravissimo che è stato commesso, per cui a fronte di migliaia di progetti e di pratiche esistenti, c’è poco personale. Inoltre, molti progettisti, soprattutto nelle frazioni, si sono sovraccaricati di lavori».

 

Poi c’è stata la nomina tardiva del direttore dell’ufficio speciale di coordinamento dei lavori per i 56 comuni del cratere…

«Il governo ha voluto assumersi la responsabilità di nominare il direttore dell’ufficio speciale, ma per mesi è stato bloccato tutto. Purtroppo chiunque sta al governo tende a fare di testa propria e a ritenere che i comuni, i sindaci, gli enti locali, siano dei furbacchioni o, peggio, degli idioti, mentre il terremoto ha dimostrato che gli enti locali, chi sta sul posto, è molto più capace del governo e dei ministeri».

 

Dopo lo svuotamento della città, cittadini e professionisti stanno tornando?

«La città ha retto! Ci fu il tentativo del governo di svuotare la città, e per questo motivo ci fu il progetto C.A.S.E., perché c’era l’idea, come disse l’allora capo della protezione civile Guido Bertolaso, che la ricostruzione avrebbe richiesto 30, 40 anni. Per questo motivo si scelse di realizzare, inizialmente, 3.600 alloggi con il progetto C.A.S.E., destinate a rimanere per sempre, o almeno per 60, 70 anni. A un mese dal terremoto, il 5 maggio 2009, si cercò di fare un’ordinanza che prevedeva di chiudere tutti gli uffici pubblici, tranne il comune, e di trasferire i cittadini dipendenti di questi uffici nelle altre città, a partire da quelli che avevano la casa più danneggiata. In questo modo ci sarebbe stata la dispersione degli aquilani, con l’idea che, dopo 40 anni, L’Aquila sarebbe rinata, fatto alquanto improbabile. Questa cosa non l’abbiamo permessa, io non l’ho permessa e ho fatto una battaglia in tal senso in quelle drammatiche ore e settimane. È chiaro, però, che siccome all’inizio non c’erano soldi, molta gente è scappata. Io, però, ho vinto la battaglia perché, al momento, la città ha perso solo 1.700 abitanti, che risiedono nei comuni vicini perché non c’erano case disponibili. Io penso che, addirittura, tra 3 o 4 anni, avremo più abitanti di prima del terremoto. Ci sto lavorando…».

 

I moduli abitativi provvisori (map) e i condomini del progetto C.A.S.E. (complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili) saranno smantellati, giusto?

«È un atto che ha votato il consiglio comunale. Man mano che i map verranno liberati, saranno abbattuti, perché la città torna a nuovo e se vogliamo che sia tra le più belle d’Europa bisogna demolire tutto ciò che è transitorio. Per quanto riguarda il progetto C.A.S.E. è l’Unione Europea che non vuole che restino, tanto che rivorrebbe i 490 milioni concessi per realizzarlo, ma è il governo che deve condurre la trattativa con l’Ue. Per quanto riguarda le piastre, cioè i prefabbricati costruiti dopo il terremoto, 16-19 di queste saranno sicuramente evacuate e demolite perché hanno i balconi che non reggono, il legno non è valido e sono piegate. Per le modalità con cui sono state realizzate, vedremo se riusciremo a portare avanti un processo, cosa difficile in questa città, dove si finisce sempre con la prescrizione. Sulle altre piastre, quelle senza problemi strutturali, si potrebbero fare dei ragionamenti…».

 

Vale a dire?

«Alcuni condomini vorrei tenerli perché hanno un ruolo strategico: potrebbero, ad esempio, essere destinate ai turisti. Se il governo ce ne desse la possibilità, un domani – ma parliamo di tempi lontani – si potrebbe lanciare un grande progetto per la riqualificazione, che, coinvolgendo grandi società, potrebbe portare alla costruzione di un piccolo villaggio fatto di ville ipersicure».

 

Su cosa deve puntare L’Aquila per il suo rilancio?

«Io avevo elaborato un piano strategico nel 2008, rifatto dopo il terremoto. Poi ci sono gli studi dell’Ocse e quanto ho previsto nel programma di mandato elettorale. L’idea è partire da L’Aquila come città della formazione e dell’alta formazione con l’università e il Gran Sasso Science Institute. Mi sto battendo anche per avere una scuola internazionale. La città può puntare su cultura, ambiente, sviluppo eco-stenibile, green economy e industrie pulite. Deve essere una città che attragga talenti, perché dove vanno i talenti vanno i capitali. Sta alla classe dirigente aquilana, intendo diffusa e non soltanto politica, avere un progetto sul quale rilanciarsi. Vinceremo se ci daranno retta».

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