Le (poche) speranze dei giovani di Hong Kong

La testimonianza di due ragazzi coinvolti nelle manifestazioni. La mancanza di speranza per una soluzione positiva della vertenza

Ogni settimana il bollettino parla di migliaia di manifestanti, proteste non sempre pacifiche e duri scontri, proiettili in aria, arresti e violenze della polizia. Ne parliamo con uno studente e una studentessa di Hong Kong, che vivono sulla loro pelle le tensioni di questi mesi.

Perché la protesta è diventata più violenta?
Lui. «All’inizio ci sono state solo molte manifestazioni pacifiche e participate. Quando le proteste sono cominciate, il Governo non ha reagito, ma poi gli studenti hanno perso la speranza e si sono visti senza futuro. Per questi motivi la protesta si è estremizzata, è diventata violenta e la polizia ha reagito allo stesso modo, rendendo le cose peggiori».

Pensi ci sia un futuro e che si riesca a raggiungere un risultato positivo?
Lui. «No, non riesco a vedere alcun futuro per Hong Kong, perché il Governo non ha cambiato politica e comincia a prendere posizioni estremiste. Non vedo ancora soluzioni, in questo momento, per nessuno, né a Hong Kong né in Cina. Non credo ci sia una via d’uscita a distanza ravvicinata».

Ma è importante continuare a partecipare alla protesta?
Lui. «Il centro della questione, che riguardava il disegno di legge sull’estradizione che avrebbe consentito alle persone di essere mandate nella Cina continentale per essere processate, adesso è cambiato. Il problema ora è che le persone stanno combattendo e protestando per ottenere giustizia e un comportamento corretto dalla polizia, ma il governo non risponde».

Quindi nessun futuro?
Lei. «Mi sforzo di essere positiva, ma a volte ci sentiamo senza speranza e siamo molto frustrati a causa del disegno di legge. La polizia, inoltre, quando facciamo qualcosa di sbagliato dovrebbe arrestarci invece di malmenarci. Da quando Hong Kong, nel 1997, come ex colonia britannica fu restituita alla Cina, ci hanno sempre promesso indipendenza e libertà. Invece ci stanno spiando, ci controllano. È come se stessimo perdendo la libertà che abbiamo goduto in questi anni. Dobbiamo gridare ad una sola voce, come ad un concerto, per combattere per la libertà dei più giovani di Hong Kong e per noi stessi».

Come vive questi avvenimenti una ragazza che crede che l’unità del mondo sia possibile?
Lei. «È difficile per me, perché mi sono unita alle proteste, ma l’ho fatto in modo pacifico senza esagerare e senza violenza. Penso che l’unica soluzione sia continuare a pregare. Dobbiamo credere che in qualche modo il disegno di Dio si sta realizzando e che le cose cambieranno. Abbiamo fiducia in Lui».

 

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