Le frontiere della psicologia contemporanea

L’aborto è veramente traumatico? Internet ci rende più felici? Come ha modificato la nostra capacità di relazionarci? L’omosessualità e la fede cosa hanno da dirsi? Questioni attualissime e spinose sulle quali è vivo il dibattito nella psicologia contemporanea. Domande attorno alle quali ruota il dialogo tra la D’Urbano e Tonino Cantelmi nel volume “La pietra della follia. Nuove frontiere della psicologia contemporanea, dialogando con Tonino Cantelmi” (Città Nuova, 2016). Anticipiamo qui parte dell’introduzione
La pietra della follia_D'Urbano_Cantelmi_Città Nuova 2016

In queste pagine […] si raccontano invece storie, storie diverse, pietre d’inciampo nella riflessione scien­tifica attuale, inevitabili da affrontare quando l’essere umano non venga guardato solo in vetrina, ma si scelga, per vocazione e professione, di approfondirne le vicende e le lotte, tentan­do vie di comprensione. E fastidiose, quanto possono esserlo le pietre sotto le suole quando si faccia un percorso a piedi, perché ogni capitolo affronta un tema che costringe psicologi e psichiatri a prendere posizione e a provare a dire qualcosa:  l’aborto è veramente traumatico? La potenza della Rete ci ren­de più felici? L’omosessualità e la fede hanno qualcosa da dir­si? L’essere credenti riduce l’obiettività professionale? Chi ha la responsabilità dei pazienti psichiatrici? Gli attacchi di panico sono solo immaginari?

 

La sola teoria però, per quanto interessante e attuale pos­sa essere, rischierebbe di stancare la lettura rendendola priva di anima, perché è la vita vissuta, sono le persone con la lo­ro esistenza a poterci dire qualcosa di interessante che meriti la nostra attenzione […].

 

Ho voluto perciò rendere queste pagine delle “azioni” più che delle parole, vita più che soli concetti: ogni capitolo, allora, narra la vicenda professionale di un uomo, Tonino Cantelmi, che ha dato un apporto originale a ciascuno dei temi proposti. A lui è lasciata voce diretta attraverso un’intervista che faccia apprezzare meglio i suoi contributi, elementi di continuità e insieme di rottura nell’ambito della ricerca in Italia.

[…]

 

Il quadro antropologico e culturale attuale è preoccupan­te e a tratti disarmante: la ricerca di popolarità a qualunque costo, la virtualità della Rete che ubriaca i suoi abitanti con dimensioni che sono ormai reali pur essendo mediate da uno schermo, la paura di rimanere ancorati a dei valori quando il cambiamento è all’ordine del minuto… tutto questo frastorna e confonde. Le soluzioni diventano allora estreme: o si cavalca l’onda improvvisando ogni volta tecniche nuove, verità nuove, rendendo possibile e benedetta ogni strada di incontro e dia­logo con l’umano, o ci si radica in posizioni fisse, che resista­no a qualunque cambiamento storico e sociale, nel terrore di smarrire i pochi punti di riferimento stabili.

 

Cantelmi è capace di esporsi di fronte a temi sensibili e di tentare piste di riflessione nuove, anche quando sarebbero sta­te scomode per la comunità scientifica prevalente, senza timore di perdere audience. […]

 

Quando interviene, primo in Italia, sul rapporto men­te-tecnologia digitale, egli, per citare un esempio, non si ferma a giudicare l’uomo contemporaneo, ma si impegna a compren­dere cosa gli stia accadendo nell’impatto con una esplosione tecnologica inaudita e senza precedenti, rilanciando nello stes­so tempo l’urgenza di un recupero dell’umano per evitare il collasso di tempi e spazi reali di incontri personali. E man mano che la sua ricerca procede, e aumentano anche la com­plessità e la varietà degli incontri all’interno della sua pratica clinica, lo psichiatra si ritrova sempre più stretto nelle posi­zioni già da lui stesso acquisite, mentre la realtà attuale gli fa sentire urgente rimettere in gioco la sua comprensione dell’u­manità ferita.

 

Questa non ha sempre il gusto “romantico” che immagi­niamo, anzi davvero inquietanti sono le zone in cui la persona può giungere, ma è proprio il fascino dell’umano, così com­plesso, talvolta imprevedibile, capace di una straordinaria ge­nerosità come di magnifiche chiusure.

 

Che persone di spessore si ritrovino invischiate in relazio­ni sessuali molteplici e stravaganti, mettendo a repentaglio la propria stabilità familiare, vittime di emozioni che diventano sempre più esigenti, è già un dato sconcertante, ma ancora di più lo è osservare come siano saltati i parametri dell’amare e dell’essere in relazione con l’altro, perché la Rete ha reso pos­sibile ogni bizzarra voglia di veder soddisfatta qualunque fan­tasia sessuale. Cosa succede all’uomo di oggi? Perché il mondo parallelo che la Rete gli offre sta diventando più attraente di quello reale?

 

Il nostro viaggio nell’umano però si è voluto spingere ol­tre le domande esistenziali che conservano ancora tratti nobi­li, per considerarne anche la problematicità quando rimanga invischiato con gli stereotipi ideologici, strattonato da forze più politiche che onestamente professionali, ed è soprattutto in questi spaccati che il nostro psichiatra ha saputo proporre un’alternativa, sottraendosi alle pressioni della sua comunità professionale.

 

Così a proposito della vicenda Basaglia e dei gravi vuoti che ha lasciato, o della difesa della responsabilità degli psichia­tri chiamati dalla legge a farsi un eccessivo carico della salute del paziente di fronte a tutta la comunità sociale.

 

Sui due aspetti a me particolarmente cari spendo qualche parola in più.

Siamo in una società assetata di Dio ma incapace di trovare delle vie di ritorno verso una spiritualità profonda e incarnata, oppure i piani di vita risultano sganciati l’uno dall’altro: si è scienziati durante la settimana e magari credenti nel week-end. Perciò la domanda se e come integrare la propria fede con la competenza professionale, senza creare confusione e ingerenze mi sembra assai significativa, per quanto non sia nuova e sia psicologi che teologi abbiano scritto in abbondanza sul tema. Tuttavia ancora una volta non si tratta solo di trovare una so­luzione teorica: nei nostri studi sempre più persone portano, con la richiesta di aiuto una domanda, più profonda ed esisten­ziale, sul significato della vita, della morte, del dolore, su come gestire l’angoscia del presente e del futuro. Non compete al terapeuta un intervento spirituale, ma l’antropologia cristiana che fa da sfondo e da chiave interpretativa del professionista credente che si occupa di salute mentale, non può rimanere estranea al processo di guarigione della persona. Ciò, d’altro canto, rende assolutamente necessaria la riflessione sull’iden­tità dello spazio terapeutico perché non scivoli in una forma ibrida e assai discutibile di una psico-spiritual-terapia.

 

Cantelmi compie uno sforzo apprezzabile, da una parte per integrare queste due dimensioni nella ricerca e nella pra­tica clinica, dall’altra per aprirsi costruttivamente come uomo di scienza e uomo di fede agli apporti, agli stimoli e alle sfide che vengono da un campo, come dall’altro.

 

Chiara D’Urbano, La pietra della follia. Nuove frontiere della psicologia contemporanea, dialogando con Tonino Cantelmi (Città Nuova, 2016)

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