Contro le armi, la battaglia è ancora dura

Dopo le grandi manifestazioni ”anti-gun” di sabato, ci si interroga sulla capacità del neonato movimento di cambiare le decisioni della politica e di influenzare le prossime elezioni

La “Marcia per le nostre vite” ha riunito centinaia di migliaia di persone, forse addirittura milioni, in diverse città degli Stati Uniti nella giornata di sabato. Una notizia seguita con ampio dispiegamento di forze anche dai media statunitensi, nonostante gran parte del Paese non sia d’accordo con il controllo delle armi richiesto dai manifestanti. Le ripetute e sempre uguali storie di follia nei campus, nelle parrocchie, nei centri commerciali, che provocano migliaia di morti ogni anno, una vera e propria guerra, hanno fatto crescere nel Paese un movimento “anti-gun” come mai si era visto in passato. Le manifestazioni, come ha scritto il Washington Post, resteranno come uno dei «momenti che hanno scosso la nazione intera». In ogni manifestazione, o quasi, è stata data la parola ai familiari delle vittime della follia delle “armi facili”, suscitando indubbia emozione nei partecipanti.

Più controllo sulle vendite, proibizione delle armi da guerra, restrizioni per le persone con disturbi mentali: le richieste dei partecipanti sono state precise e insistenti, ma l’emozione non sarà sufficiente per cambiare le leggi, anche perché per gran parte degli elettori statunitensi il controllo delle armi non è una priorità. La novità sta nel fatto che la mobilitazione è finalmente riuscita, e tale mobilitazione potrebbe, stando agli analisti statunitensi, anche influenzare il voto di non pochi elettori a stelle e strisce, soprattutto nelle città dove più gravi sono state le stragi.

A cominciare dalle elezioni di medio termine di novembre, nelle quali i candidati pro-gun potrebbero essere messi sulla difensiva per la prima volta dopo decenni di vendite sempre più libere accettate dalla popolazione statunitense senza particolari opposizioni.

La battaglia del movimento #neveragain, così è stata chiamata l’ondata giovane contro le armi – a questo proposito va notata la crescita di una nuova generazione di leader tra i 16 e i 25 anni –, sta cominciando, e avrà come primo rivale la potentissima National Rifle Association, l’associazione tra i produttori di armi statunitensi, che per decenni ha rallentato tutti gli sforzi per migliorare il controllo sulle armi. È solo l’inizio: la stessa Fox News, il network conservatore per eccellenza negli Usa, in un sondaggio ammette che la maggioranza degli statunitensi ormai vuole che «sia protetta la sicurezza dei cittadini contro l’uso indiscriminato delle armi». Qualcosa forse sta cambiando.

 

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