L’arcobaleno oltre le sbarre

Sovraffollamento, suicidi, discriminazioni: queste sembrano le parole chiave in carcere. Eppure, tra i corridoi e le celle, iniziamo un viaggio che apre spiragli e luci di speranza
Carcere e speranza

In questi giorni tornano nel proscenio della cronaca, con la solita ridda di polemiche: sono le carceri, con i numeri fuori controllo, le condizioni nel precipizio dell’umano, le varie soluzioni che sembrano non funzionare. Nell’immaginario collettivo il carcere porta alla mente un luogo senza speranza, senza etica, c’è chi azzarda senza giustizia, oppure rimanda la mente alle opere di misericordia che danno punti preziosi a chi ambisce conquistare il Paradiso.

Ma al di là di un nugolo di problematiche molto complesse, dentro quei corridoi e quelle celle nascono esperienze che lasciano senza parole e danno briciole di colore a un mondo di per sé grigio. Tra questi sprazzi di luce ci sono Maria e Tonino, che ormai da oltre 40 anni, per una casualità non cercata, si battono in questo mondo con gesti e azioni che sanno di straordinario, pur restando loro stessi: una coppia semplice e assolutamente nell’ombra, nella loro casa di campagna nell’estremo dei Castelli romani.

«Verso la fine degli anni Settanta – inizia Tonino –, per un atto di cortesia che ci era stato chiesto, siamo andati dall’allora parroco di Paliano, in provincia di Frosinone. Era anche cappellano del carcere locale che, come si sa, ha delle sezioni di massima sicurezza, con ospiti della storia di terrorismo e di mafia. Don Natale ci ha detto che era difficile approcciare i detenuti per parlare di questioni legate alla loro anima, alla fede; magari era più facile recapitare loro riviste ad alto contenuto valoriale che, poi, avrebbero dato opportunità di aprire un piccolo pertugio di dialogo. Ci siamo fatti dare dei nominativi di detenuti e abbiamo cominciato a chiedere offerte a nostri parenti, colleghi d’ufficio e amici, per poter fare abbonamenti alla rivista Città Nuova, destinati ai carcerati di questo penitenziario. In tutto siamo riusciti a fare una ventina di abbonamenti».

Continua Maria: «Una detenuta, F.M., si è fatta subito avanti, ringraziandoci per la rivista che aveva ricevuto. Con lei abbiamo iniziato una fitta corrispondenza. Era stata brigatista rossa e aveva perduto il fidanzato, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. Ci ha scritto che in virtù della “Legge Gozzini” poteva fruire della semilibertà, qualora le avessimo procurato un lavoro esterno. Non sapevamo come aiutarla».

Abbiamo bussato a tante porte. Una di queste ha aperto un nuovo percorso. La persona contattata ci ha consegnato un foglietto con un indirizzo: «Questo sacerdote fa per voi». Così abbiamo incontrato don Francesco, parroco di Anagni e vicario del vescovo della stessa diocesi. Tonino ricorda perfettamente: «Lo abbiamo interpellato e si è attivato subito per aiutare F., laureata in Pedagogia. Dopo alcuni tentativi infruttuosi, ha azzardato nel proporre alla ragazza di insegnare ai seminaristi di Anagni e contemporaneamente di fare da segretaria al vescovo del luogo, per sbrigare soprattutto la corrispondenza. La sera rientrava in carcere con il pullman di linea. Incontrandola una volta alla fermata del pullman mi ha detto che ogni volta, al rientro in carcere, riviveva l’angoscia del momento dell’arresto».

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