L’antisemitismo è duro a morire

Preoccupa la recrudescenza dell’intolleranza e della violenza contro gli ebrei. Un’indagine inquietante dell’Unione europea

 

«Da diversi anni, e la situazione è peggiorata nelle ultime settimane, il nostro Paese – come del resto tutta l’Europa e quasi tutte le democrazie occidentali – sta affrontando la rinascita di un antisemitismo senza dubbio inedito dalla Seconda guerra mondiale». Sono parole pronunciate dal presidente francese, Emmanuel Macron, in un incontro con il Consiglio di rappresentanza delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif) il 20 febbraio. Il discorso di Macron proponeva poi alcune misure concrete per fermare l’aumento degli atti violenti registrati contro la comunità ebraica in Francia. Lo stesso giorno, migliaia di persone riempivano la Piazza della Repubblica a Parigi per chiedere «la fine dell’antisemitismo».

Farsi vedere non è mai stato molto prudente, anche se portare un qualche distintivo è la maniera naturale di mostrare la propria identità. Così accadde, ad esempio, due anni fa, ai fratelli Jacob e Nathaniel Azoulay (29 e 17 anni), riconosciuti come ebrei perché portavano sul capo la tradizionale kippà, il piccolo berretto che li identifica come praticanti. Furono malmenati. Ma il loro è solo uno dei tanti casi registrati dal ministero degli Interni francese, che per il 2018 riconosce un aumento del 78% negli episodi di violenza antisemita, oltre 500. E in quest’ultimo febbraio alcuni attacchi hanno richiamato l’attenzione dei media: quello verbale, per strada, contro l’intellettuale Alain Finkielkraut, le svastiche dipinte su 96 tombe al cimitero ebraico, ritratti di Simone Veil deturpati…

Il problema c’è, e l’Unione europea la sa. Già nel 2015 la Commissione aveva nominato la tedesca Katharina von Schnurbein come coordinatrice della lotta contro l’antisemitismo. Poi, dal 2016, ha attivato un “Codice di condotta in materia d’incitamento illegale all’odio su Internet”: Facebook, Twitter, YouTube e Microsoft si accordarono per eliminare in 24 ore i casi di antisemitismo che gli fossero stati segnalati, e nel 2018 si sono aggiunti Google+, Snapchat, Instagram e Dailymotion. Per capire poi com’è percepito il problema dalla popolazione ebrea, la Commissione aveva incaricato l’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) uno studio i cui risultati sono stati conosciuti nel dicembre scorso. L’inchiesta, realizzata nei 12 Paesi dell’Ue che ospitano il 96% della popolazione ebraica in Europa (1,4 milioni), evidenzia come l’89% degli ebrei pensi che l’antisemitismo sia un problema soprattutto su Internet e i media; che il 28% degli intervistati abbia sofferto per qualche molestia a motivo della sua identità; che il 79% degli ebrei sia stato oggetto di un attacco antisemita negli ultimi cinque anni ma non l’abbia denunciato alla polizia; che il 34% eviti di andare a eventi o luoghi ebrei perché non si sentono sicuri; che il 38% abbia pensato di emigrare; che il 70% consideri che lo sforzo degli Stati nella lotta contro l’antisemitismo sia inefficace.

Non è dunque un problema solo della Francia. Secondo il sociologo Benno Herzog, dell’Università di Valencia (Spagna), autore di vari studi sul fenomeno, «si guarda solo la Francia, dove la comunità ebrea è più visibile, ma in altri Paesi l’antisemitismo è in espansione. In Germania sta crescendo, nel Regno Unito il laburismo ha un profondo problema, in Ungheria sono successi gravi incidenti…». Riguardo poi alle cause di quest’espansione, Abraham Bengio, della Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo (Licra), in una dichiarazione al quotidiano El País ha detto: «Il vecchio antisemitismo dell’estrema destra riguadagna vigore, ma a quest’antisemitismo “classico” se ne è aggiunto un altro di origine islamica, con una terribile differenza: uccide». O piuttosto può uccidere, come d’altronde può ormai uccidere anche quello “vecchio”.

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