L’agonia del cattolicesimo politico in Italia

la politica dei cattolici

Michele Marchi: Mi pare che lei, in fondo, inserisca la fine del partito DC nella più ampia cornice della crisi della forma partito e del complessivo sistema politico italiano dei primi anni Novanta.

Paolo Pombeni: Non esiste ancora una valutazione compiuta della lunga agonia che portò alla fine dell’esperienza della DC. Come si è visto, l’avvento di De Mita alla segreteria sembrò poter rianimare il partito, soprattutto nella considerazione di una parte dell’opinione pubblica progressista (nella prima fase i giornali di quell’area gli erano abbastanza favorevoli), ma il problema fu, a mio avviso, che tutto sommato si evitò accuratamente di ragionare su cosa dovesse essere il partito visto che, da tempo, non poteva più ambire a rappresentare un’area socioculturale ampia che si identificava con quello che ho chiamato il cattolicesimo sociologico.

Le vie che si potevano esplorare erano sostanzialmente due.

La prima era trasformare il partito, sul modello della CDU tedesca (il primo ottobre 1982 Kohl era succeduto come cancelliere al socialdemocratico Schmidt con il meccanismo della sfiducia costruttiva), in una formazione moderato-conservatrice. Questo non era facile proprio per il retaggio dell’unita politica dei cattolici che aveva fatto confluire nelle sue fila una robusta tradizione riformista. Tuttavia puntare su questa facendola diventare il perno della propria politica significava correre il rischio di un indebolimento elettorale.

Per assurdo che possa sembrare, la DC finì stritolata nell’ambiguità dell’unità politica dei cattolici che non le consentiva né di scegliere una linea, né di scindersi in due, perché a quel punto, come infatti avvenne poi, avrebbe perso non solo la sua centralità ma anche il suo significato.

Adesso però la DC era sotto assedio dall’esterno per le spaccature di quello che una volta si definiva il mondo cattolico. Sulla destra montava sempre più la forza di CL. Nel 1987 sul settimanale del gruppo, «Il Sabato», Antonio Socci e Roberto Fontolan, i pasdaran dell’organizzazione, attaccarono Lazzati (che era la loro bestia nera), ma anche Andreatta, Romano Prodi, Scoppola come laicisti che introducevano nel cattolicesimo la «corrosione protestante».

La seconda via possibile, sulla carta, era procedere alla creazione di due partiti cattolici eredi della vecchia DC, uno che contenesse la sua ala destra e uno la sua ala sinistra. Questa scelta però avrebbe quantomeno aperto la sempiterna guerra su quale delle due opzioni potesse essere considerata come il vero partito cattolico, con evidente imbarazzo per la CEI e il Vaticano che si sarebbero trovati in difficoltà sia a schierarsi per uno dei due contendenti, sia a sostenere che in fondo tutti e due potevano rappresentare degnamente il cattolicesimo. Non si dimentichi che la tesi di una legittimità di difformi interpretazioni del modo di essere dei cristiani nel mondo trovava e troverà ostacoli molto forti nella mentalità delle gerarchie italiane e vaticane.

 

Michele Marchi: E la Chiesa come reagì di fronte a questa agonia del cattolicesimo politico istituzionale?

Paolo Pombeni: Il fatto rilevante è che la Chiesa lasciò fare senza intervenire a sedare lo scontro interno. Dal 28 giugno 1986 era segretario della CEI Camillo Ruini, destinato a dominarla a lungo (il 7 marzo 1991 ne diverrà presidente). Da qualche tempo l’ala più aperta dell’episcopato chiedeva che si adottasse il modello di comportamento della Chiesa tedesca, che non considerava la CDU il suo partito di riferimento, ma dialogava con tutti i partiti presenti in Parlamento (e con ottimi risultati). Questa, che in origine era una scelta di apertura contro le inframmettenze ecclesiastiche nella politica politicante (e che infatti fu sostenuta dal cardinale Carlo Maria Martini), divenne, nelle mani del gruppo conservatore capeggiato da Ruini, il cavallo di Troia per lasciar libero spazio all’azione della destra ecclesiale e di CL. La leadership democristiana dei demitiani (peraltro non formata tutta da politici di alto livello) finiva così sguarnita di difese, nel momento in cui per di più si avviava ad assumere direttamente funzioni di governo e di conseguenza tornava a cercare sponde, per quanto indirette, anche nel PCI.

Questo costrinse anche il gruppo della sinistra moderata della Lega Democratica a fare i conti con questa situazione. Nel 1987 Scoppola pubblicò sulla rivista del gruppo un famoso articolo, intitolato Nove tesi sull’alternanza, in cui si poneva il problema del «ruolo dei cattolici democratici anche fuori della DC».

Su questo interrogativo di fatto il gruppo si spaccò e in quello stesso anno la Lega si sciolse.

 

Da Paolo Pombeni in dialogo con Michele Marchi, La politica dei cattolici, dal Risorgimento ad oggi (Città Nuova, 2015)

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