La vita delle organizzazioni a movente ideale

Appena uscito per i tipi di Città Nuova, La distruzione creatrice di Luigino Bruni affronta con lucidità e sguardo profetico le crisi e difficoltà che le organizzazioni a movente ideale possono incontrare nel loro sviluppo. La prefazione di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.
La distruzione creatrice_Bruni_Città Nuova_2015

Quando a fine 2014 nacque l’idea di proporre nelle pagine che «Avvenire» attribuisce alle “idee” una serie di articoli sulla grande crisi, quella serie che poi avrem­mo deciso di dedicare a «La grande transizione», crede­vo di avere piuttosto chiaro che cosa c’era nella testa e nell’animo di Luigino Bruni. Ed ero ovviamente certo di aver capito tutto l’essenziale di che cosa ne sarebbe venuto fuori: quale itinerario dentro il nostro tempo e il nostro operare insieme, quale messaggio in chiave di umanizzazione dell’economia, quale scomoda presa d’atto di una realtà da (ri)convertire, cioè – pensate un po’ – da rivoluzionare per amore e d’amore. Mai sotto­valutare, però, le avventure dello spirito, anche quando procedono appoggiate al bastone della matita o persi­no mentre si avviano lungo i sentieri, solo apparente­mente piani, della scrittura digitale.

E mai pretendere di sapere dove condurranno i pensieri condivisi da un economista filosofo profondo e generoso come l’autore delle pagine che seguono questa breve nota.

C’è voluto davvero poco perché mi rendessi con­to, passo dopo passo, che l’intuizione che mi aveva portato a discutere con Bruni l’idea di sviluppare que­sti suoi nuovi testi sotto a un marchio che richiamasse la consapevolezza del nostro stare dentro una dura eppure promettente fase di passaggio – “la grande transizione”, appunto – conteneva ben più di ciò che avevo intravisto e previsto. Conteneva più dell’attesa, e preziosa, ricognizione sulle condizioni di partenza del nostro affanno sociale ed economico. Più che una serie di indicazioni utili per attraversare insieme, in direzione nuova, il guado di un’economia infetta­ta dal virus dell’impazienza rapace e stremata dallo sciupìo di umanità e di concrete vite di uomini e donne che in ogni giorno – proprio in ogni giorno, e in ogni dove – ne è conseguenza. Bruni aveva ben chiaro dove l’avrebbe condotto ragionare, al confine tra umano e disumano e purtroppo anche oltre, di organizzazioni complesse a movente (prevalentemente) materiale.

Sapeva perfettamente che scrivere di esse, cioè delle organizzazioni della “produzione” e del “mercato” e, dunque, della creatività, delle relazioni e del lavoro, l’avrebbe portato a concentrarsi anche sulle organiz­zazioni a movente ideale e su altri movimenti dello spirito umano. Ovvero di tutte quelle realtà – lo dico un po’ a modo mio e molto a modo suo – che potrem­mo chiamare della “elevazione” e della “donazione” e, dunque, dell’incontro, della condivisione e della cura. Vocazioni economiche e carismi religiosi – si potreb­be ancora dire, sintetizzando un po’ bruscamente, ma senza tradirne la sostanza, la provocante riflessione dell’autore – posti davanti alla stessa sfida: rinnovarsi senza perdere radici e anima.

Io tutto questo, da lettore e da complice, l’ho sco­perto strada facendo. Proprio come tanta altra gente d’Avvenire (mi piace chiamare così chi condivide e usa il frutto del nostro quotidiano lavoro di carta). Ma col privilegio della prima lettura di quei testi e della loro titolazione-interpretazione. Una condizio­ne di cui gode (e a volte patisce, ma non è questo il caso) chi confeziona un giornale. E così, strada facen­do, mi sono lasciato ancora una volta e felicemente coinvolgere dal ritmo del cammino di Luigino Bru­ni e dall’attualità incalzante dell’analisi e della pro­spettiva che sa proporre.

L’essenziale di questo lavoro – una meditata selezione di articoli pubblicati nelle prime settimane del 2015 integrata da un testo di poco precedente, tratto dalla serie «Le levatrici d’Egitto», e da un altro di poco successivo, tratto dalla serie «Ri­generazioni» – è contenuto in questo volumetto. O, meglio, lo contiene e lo accende.

Sono grato a Bruni, e lui lo sa. Leggere e rileg­gere ciò che scrive mi ha reso più chiaro l’appello a una vasta e necessaria ricostruzione che ci interpella, ma anche che ogni vero passo avanti nelle cose degli uomini e delle donne, nelle imprese delle mani come in quelle dello spirito, dipende dalla capacità di chi è chiamato ad aprire la strada (o di non lasciarla chiu­dere) di compiere, al tempo giusto, un passo di lato e di sgombrare, così, provvidenzialmente, il varco e gli occhi utili a percorrere “nuove terre”. Questo mi sono prefisso di fare. Questo faccio. E il mio passo di lato, ora, è un semplice augurio: buona lettura.

Marco Tarquinio

 

La distruzione creatrice, come affrontare le crisi nelle organizzazioni a movente ideale, di Luigino Bruni (Città Nuova, 2015), € 12,00, pp.100

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