La tumultuosità di Schumann rivive con Paolo Vergari

A Siracusa un appluditissimo concerto per pianoforte del maestro marchigiano
paolo vergari

La stessa sala della sede degli Amici della musica di Siracusa nella quale si sono esibiti nel corso degli anni i nomi più prestigiosi del concertismo internazionale, ha ospitato il 13 febbraio scorso un applauditissimo recital di Paolo Vergari.

 

Il pianista marchigiano – con alle spalle una carriera pluriennale in campo nazionale e, soprattutto internazionale, che ha realizzato le prime registrazioni assolute di brani di compositori italiani come Gino Tagliapietra e Gian Francesco Malipiero – ha presentato al pubblico un programma particolare ispirato al tema della danza.

 

La Suite inglese n. 6 di J. S. Bach, una successione di danze che spazia dalla lenta Sarabanda alla frenetica Giga; i Davidsbündlertänze op. 6 di Robert Schumann, una serie di 18 movimenti di danza dei membri della “lega di Davide”, musicisti romantici coalizzati contro i Filistei di ispirazione classicista, metafora dell’ideale rivoluzionario schumanniano; e infine la trascrizione della Settima Sinfonia di Beethoven, indicata fin dal suo apparire come “l’apoteosi della danza” ad opera di un Liszt ormai anziano e insolitamente rispettoso del testo originale, opportunamente ritoccato in maniera impercettibile, per rendere la varietà della timbrica orchestrale sulla tastiera, ma non amplificato con i gratuiti virtuosismi spesso presenti in questo genere musicale.

 

Fin dalle prime battute della Suite bachiana il maestro Vergari ha mostrato una concentrazione assoluta e una totale capacità di calarsi nell’universo poetico e stilistico dei brani eseguiti, coinvolgendo in tal modo il pubblico in un’ora e mezza di esperienza artistica allo stato puro che ha trovato il suo culmine in alcuni momenti di particolare intensità: la Giga travolgente della Suite, la caleidoscopica varietà dei brani di Schumann e, soprattutto, l’impresa pianisticamente eroica della sinfonia beethoveniana.

 

Vari sono gli aspetti che hanno reso l’esecuzione veramente mirabile: la varietà di tocco pur nell’unitarietà dell’insieme della Suite; la capacità di alternare momenti di intensa espressione ad altri di tempestosa tumultuosità in Schumann, identificandosi con immediatezza nello spirito diversissimo dei brani in successione ininterrotta; infine l’evocazione dell’universo timbrico e della carica di vitalità della Settima che, se è l’apoteosi della danza, è diventata, sotto le dita di Vergari, l’apoteosi della vita in tutta la sua bellezza.

 

Sotteso a tutto questo un magistero tecnico che ha conquistato e, a dire il vero, anche stupito il pubblico dei semplici amatori e quello degli addetti ai lavori. Il legato, la scorrevolezza e l’assoluta pulizia in Bach; il virtuosismo teso di molti dei brani di Schumann affrontato con signorile nonchalance e infine la trascrizione della Settima, da alcuni considerata ai limiti dell’inesiguibilità per le difficoltà puramente pianistiche, a prescindere cioè dei problemi interpretativi, e portata avanti fino ai poderosi accordi finali apparentemente senza fatica.

 

In definitiva una rivelazione per il pubblico aretuseo che non ha risparmiato applausi e richiesta di bis e spera che momenti di così intenso godimento estetico e spirituale possano ripetersi anche in futuro.

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