La Scala del cielo

Nella chiesa romana di Santa Maria dell’Anima a Roma, la Cappella Musicale della chiesa e il coro di voci bianche Arcadelt si sono esibiti in un percorso spirituale luminoso, con la direzione di Flavio Colusso
La scala del Cielo

"La scala del cielo" è il titolo della rassegna voluta da Flavio Colusso, direttore d’orchestra e compositore di chiara fama e di ancor più chiara ispirazione. Colusso insegue le vie dell’anima. Così nella chiesa romana di Santa Maria dell’Anima, alle spalle di Piazza Navona, di recente restaurata in modo mirabile – è tempio nazionale dei cattolici di lingua tedesca – la Cappella Musicale della chiesa e il coro di voci bianche Arcadelt si sono esibiti in un percorso spirituale luminoso. Di fronte al presbiterio dove  è collocata la tavola di Giulio Romano e il sepolcro di Adriano VI, ultimo papa straniero prima di Wojtyla, si sono elevate le note della Missa Ut Re Mi Fa Sol La di Palestrina.

 

Kyrie, Gloria, Credo, Sancts, Agnus Dei sono saliti come un autentico afflato interiore attraverso le volte gotiche sino, si spera, al cielo. Palestrina qui è di una eleganza e di una simplicitas bellissime: mentre il coro dei sei solisti eseguiva la Missa ho pensato che forse l’avrà anche udita Michelangelo nella Cappella Sistina e ne avrà ritrovato la nuda grandiosità dei suoi affreschi. Di fronte alla vacua supponenza di certa musica venduta come “sacra” attualmente – e che si ascolta purtroppo anche a Roma – qui c’è da sbalordirsi dinnanzi alla verità di arte e fede unite insieme.

 

Palestrina è stato preparato da una composizione dello stesso Colusso: “Le Opere di Misericordia, esercizio spirituale sull’Esacordo del cielo”. Recitate in italiano e latino da Silvia De Palma, accompagnate da arpa, percussioni, organo e trombone – solisti molto sensibili – hanno visto cantanti e coro veleggiare ordinatamente nell’armonia di Colusso, pregna di sapore antico e di eco contemporaneo: senza stonature, eccessi, ma con sobrietà e dolcezza, tanto da far ricordare certo Pergolesi. Una ispirazione diretta, studiata certo, ma spontanea, dove il canto e l’orchestra hanno “concertato” in un dialogo che non è stato solo di alto livello musicale, ma di densa spiritualità.

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