La rivolta dei forconi e l’economia civile

Una protesta che nasce dall’incapacità di trovare risposte che siano comunitarie e non corporative, mentre prende piede un osservatorio nazionale che prova a conciliare etica e economia. Da Palermo
La protesta dei forconi
È inquietante. La “rivolta dei forconi” – condivisibile nelle motivazioni – mi inquieta parecchio. E cerco di esprimere e spiegare tale sentimento.
È stato inquietante, ad esempio, l’assenza di informazione (lo hanno ribattezzato “silenzio assordante”) e da parte dei media nazionali.
Perché il silenzio iniziale? Non bisognava disturbare il “manovratore”? La protesta, non era degna di una nota di agenzia o dell’attenzione di un cronista, ancorché precario, di una qualsiasi redazione giornalistica? Si voleva dare sponda e provocare un meridionalismo piagnone che avrebbe potuto cosi dire che della Sicilia non se ne occupa nessuno e che è abbandonato a sé stessa? Inquietante.
Nella nostra terra di Sicilia spesso, troppo spesso,  abbiamo visto e per questo sofferto, il continuo gioco delle parti.  Un gioco che da noi riesce particolarmente bene. La mafia e l’antimafia. La politica e l’antipolitica. L’etica e la demagogia.

Inquietante. Si ha gioco facile, inoltre, sostenere che una manifestazione del genere potrebbe far gola a Cosa Nostra, che potrebbe trarne dei vantaggi.  A Cosa nostra, è risaputo, fa gola tutto quel che riguarda gli appalti in Sicilia ma anche in Italia: eolico, rifiuti, pubbliche commesse, ricostruzione post terremoti, e via dicendo. Ma non sempre viene richiamato tale pericolo. Inquietante perché, come magia, non appena si fa il nome della mafia, ecco giungere l’interesse dell’informazione nazionale. Adesso sì che non sono più soltanto inquieto, ma anche profondamente preoccupato sia da giornalista che da osservatore, da più di trent’anni,  della realtà siciliana, oltre che da promotore, in tutta Italia – nei miei incontri soprattutto con i ragazzi delle scuole – della cultura della legalità.

Nessuno si vuole rendere conto che la posta in gioco è ben più grande di un blocco degli approvvigionamenti di carburante ma anche di derrate alimentari per un’intera regione. Attenzione, non sto prendendo sotto gamba la gravità di quel che sta accadendo.  Da anni, ormai, si sottolinea da più parti la totale assenza della politica e soprattutto del suo ruolo primario: esprimere e fare sintesi delle necessità, anche quelle inespresse, della società. Chi ha sfatato, in questi anni, il concetto di “Roma ladrona”, sorda a qualunque sofferenza e richieste di ascolto? Ma mi chiederei anche: chi ha saputo in questi anni gestire il consenso orientandolo al bene comune anche laddove questo bene comune può significare il taglio di qualche privilegio o sicurezza?

Insomma, la “rivolta dei forconi”, quelle dei tassisti e chissà quante altre dovremo ancora vederne di rivolte, nascono non dall’assenza di politica. Sarebbe ben poca cosa. Nascono dall’incapacità di trovare risposte che siano comunitarie e non corporative, finalizzate al cambiamento e non alla difesa di privilegi. Una politica che sappia parlare al cuore della gente: ai suoi bisogni, alle sue paure, alle sue aspirazioni. Se la politica avesse un progetto sull’Italia del prossimo futuro, sono certo che avrebbe buon gioco a cercare il consenso intorno a questo progetto.

Ascoltiamo allora queste “rivolte”, non per usarle contro questo o quello schieramento politico, come si è tentato di fare più volte con la cosiddetta antimafia e con i danni che tutti conosciamo. Ci aspettano tempi duri, ed abbiamo  bisogno di mantenere ben ferma la volontà di dare un contributo a questa nostra Italia, riscoprendo – ma insieme – le radici profonde della nostra comunità.

Il prossimo 27 e 28 gennaio parteciperò al primo Laboratorio di economia civile che si svolgerà ad Avola, in Sicilia. Mi piace sottolineare le motivazioni che hanno spinto gli organizzatori e che hanno messo per iscritto nella locandina: «Parte dalla Sicilia il primo Laboratorio di Economia Civile con l’obiettivo di lanciare una proposta di riconciliazione tra mercato e democrazia – tra profitto e gratuità, tra sviluppo e bene comune – volta a ristabilire un sistema di regole fondato sul primato della politica come espressione di una reale volontà popolare».

Riconciliamo quindi mercato e democrazia, etica e politica. Non è un caso che due iniziative importanti (la rivolta dei forconi e il laboratorio di economia civile) avvengano quasi contemporaneamente e nella stessa terra. Scoprirne le prospettive di sviluppo e metterne al servizio le nostre forze, è la scommessa che vivremo insieme ad Avola.

 

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