La risposta del papa al disagio sociale

Il messaggio di Francesco ai sardi che sono accorsi in 400 mila per accoglierlo nel corso della sua visita alla basilica di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari. L'incontro con i disoccupati, il bagno di folla, il messaggio al mondo accademico, l'abbraccio ai poveri
Sardegna

Disoccupati, cassaintegrati e imprenditori sono stati i primi ad aver parlato con papa Bergoglio. Nei loro visi e nei loro interventi l’amarezza per le rispettive vicende, ma anche la richiesta di una parola di incoraggiamento. Il papa non si è tirato indietro, ribadendo come il lavoro dia dignità all’uomo. E poi la preghiera: «Signore Dio, guarda questa città, questa isola, guarda le nostre famiglie. Signore, a te non è mancato il lavoro. Hai fatto il falegname, eri felice. Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi vogliono rubarci la speranza. Signore, non lasciarci soli, aiutaci ad aiutarci tra noi. Fa che dimentichiamo un po' l'egoismo e sentiamo nel cuore, in noi, di voler andare avanti. Signore Gesù, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro».

Una folla di oltre 100mila persone ha assistito, sul sagrato della basilica di Nostra Signora di Bonaria, alla concelebrazione eucaristica preceduta e seguita dalla visita del papa ai tanti malati presenti nella chiesa. All’omelia Francesco ha sottolineato come il viaggio avesse lo scopo di «condividere con voi gioie e speranze e per confermarvi nella fede. Sono qui per mettermi con voi ai piedi della Madonna e per incontrare il suo sguardo». E poi l’invito: «Guardiamoci in modo più fraterno! Maria ci insegna ad avere quello sguardo che cerca di accogliere, di accompagnare, di proteggere. Impariamo a guardaci gli uni gli altri sotto lo sguardo materno di Maria». Il saluto finale in limba (il dialetto locale) ha poi fatto esplodere la gioia dei fedeli presenti.

Se l’incontro con i lavoratori è stato molto significativo, quello con i poveri ed i carcerati ha avuto un’eco maggiore, per le parole che il pontefice ha pronunciato nella cattedrale di Cagliari. Ha colpito in particolare il suo ammonimento: «A volte si trova anche l’arroganza nel servizio ai poveri! Sono sicuro che voi l’avete vista: quell’arroganza nel servizio a quelli che hanno bisogno del nostro servizio. Alcuni si fanno belli, si riempiono la bocca con i poveri; alcuni strumentalizzano i poveri per interessi personali o del proprio gruppo. Lo so, questo è umano, ma non va bene! Non è di Gesù, questo. E dico di più: questo è peccato! È peccato grave, perché è usare i bisognosi, quelli che hanno bisogno, che sono la carne di Gesù, per la mia vanità. Uso Gesù per la mia vanità: e questo è peccato grave! Sarebbe meglio che queste persone rimanessero a casa!».

Al mondo accademico sardo riunito alla Pontifica facoltà Teologica, tenuta dai suoi confratelli Gesuiti, papa Bergoglio ha indicato una nuova visione degli atenei. «L’Università dovrebbe essere un luogo in cui si elabora la cultura della prossimità. Questa è una proposta. La cultura della vicinanza. L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì. L’Università è luogo privilegiato in cui si promuove, si insegna, si vive questa cultura del dialogo, che non livella indiscriminatamente differenze e pluralismi – uno dei rischi della globalizzazione è questo -, e neppure li estremizza facendoli diventare motivo di scontro, ma apre al confronto costruttivo. Questo significa comprendere e valorizzare le ricchezze dell’altro, considerandolo non con indifferenza o con timore, ma come fattore di crescita. Le dinamiche che regolano i rapporti tra persone, tra gruppi, tra Nazioni spesso non sono di vicinanza, di incontro, ma di scontro».

E poi l’abbraccio dei giovani in un incontro con testimonianze e momenti di festa animati dal Gen Rosso che già nei giorni precedenti aveva avviato laboratori e workshop in alcune parrocchie della diocesi di Cagliari. «Quando tutto sembra fermo e stagnante – ha detto papa Francesco – quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è buono darci per vinti. La strada è Gesù: farlo salire sulla nostra “barca” e prendere il largo con Lui! Lui è il Signore! Lui cambia la prospettiva della vita. La fede in Gesù conduce a una speranza che va oltre, a una certezza fondata non soltanto sulle nostre qualità e abilità, ma sulla Parola di Dio, sull’invito che viene da Lui. Senza fare troppi calcoli umani e non preoccuparsi di verificare se la realtà che vi circonda coincide con le vostre sicurezze. Prendete il largo, uscite da noi stessi, uscire dal nostro piccolo mondo e aprirci a Dio, per aprirci sempre più anche ai fratelli. Aprirci a Dio ci apre agli altri! Aprirsi a Dio e aprirsi agli altri. Fare qualche passo oltre noi stessi: piccoli passi, ma fateli. Piccoli passi uscendo da voi stessi verso Dio e verso gli altri, aprendo il cuore alla fraternità, all’amicizia, alla solidarietà».

La giornata si è chiusa al tramonto con la partenza del santo padre alla volta di Roma. Nei 400mila sardi presenti a Cagliari la consapevolezza di avere un padre che ha ascoltato e condiviso le loro gioie e le loro sofferenze.

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