La paziente politica delle buone prassi e l’illusione del potere

Documentare l’attività di persone, collettivi, associazioni, gruppi e movimenti sociali che accompagnano la critica delle relazioni sociali esistenti, giudicate inique e dannose, con la sperimentazione di modelli di convivenza più giusti. Ne spiega il senso Paolo Cacciari, che ha appena pubblicato 101 piccole rivoluzioni
Paolo Cacciari

Tra le 101 storie di economia solidale e buone pratiche dal basso, raccontate da Paolo Cacciari nel suo nuovo libro di Altreconomia  101 piccole rivoluzioni. Storie di economia solidale e buone pratiche dal basso, c’è anche la realtà di Sfruttazero, di cui abbiamo parlato su cittanuova.it: una realtà del Meridione che ha cominciato a produrre in maniera solidale e mutualistica la passata di pomodoro per contrastare la piaga del caporalato in agricoltura.

 

C’è una domanda che insorge, tuttavia, conoscendo la storia di impegno politico diretto di Paolo Cacciari, già vicesindaco di Venezia e ora esponente di uno dei filoni del pensiero dell’economia della decrescita. Sembra fisiologico, cioè, che le associazioni cattoliche riunite sotto l’egida di Retinopera arrivino a proporre per il 28 maggio una giornata nazionale del Cash mob etico, promuovendo l’economia virtuosa con il voto del portafoglio a favore delle imprese che hanno scelto la legalità, il rispetto per l’ambiente e le persone. Ma come si fa ad arrivare a queste conclusioni partendo da una visione del mondo di sinistra che ha sempre richiesto cambiamenti delle strutture inique? Lo abbiamo chiesto direttamente a Paolo Cacciari

 

Le buone pratiche socio economiche che riguardano poche persone non rappresentano una rinuncia a cambiamenti radicali dei sistemi economici dominanti?

«Non vorrei essere poco "scientifico", ma la questione così posta è come quella dell'uovo e della gallina. Viene prima un cambiamento nella mentalità, negli usi e nei costumi delle popolazioni, oppure nelle norme sociali stabilite per legge dalle istituzioni? Io credo che le due cose debbano procedere assieme: dal basso e dall'alto. Con una precisazione però. Il processo di trasformazione delle relazioni sociali non ammette scorciatoie, forzature, colpi di mano. O è partecipato, consapevole, desiderato, consensuale, scelto e profondo… oppure prima o poi implode e si ritorce contro. I cambiamenti imposti d'autorità non sono quelli che io desidero. Non ci sono né principi illuminati, ne guide del popolo, né governi amici. Sono ossimori.  Ecco quindi che secondo me i necessari mutamenti delle regole del gioco (le politiche economiche, sociali, giuridiche) sono giuste e necessarie solo se servono ad aumentare le capacità di autodeterminazione e autogoverno delle popolazioni. Se aumentano, cioè, il tasso di democrazia reale, sostanziale della società».

 

In che modo si creano legami solidali capaci, alla lunga, di incidere in profondità?

«Un Gruppo di acquisto solidale, una banca del tempo, un cohousing, un ufficio che usa software open source, una moneta locale complementare, un orto condiviso… sono importanti non (tanto) per la quantità di denaro che sottraggono al circuito del mercato controllato dalle grandi compagnie transnazionali, ma per le relazioni umane che generano e che dimostrano concretamente, nei fatti, che è possibile vivere meglio perseguendo valori etici e comportamenti morali diversi da quelli imposti dall'economia della crescita e del debito».

 

Ma così non si rischia di attendere troppo a lungo un cambiamento che invece appare sempre più urgente?

«Servirà del tempo? Arriverà prima la catastrofe planetaria provocata dal surriscaldamento del Globo, dalla "terza guerra mondiale a pezzi" (come l'ha definita Bergoglio), dal crollo dell'economia? Posso solo sperare di no e avanzare il dubbio che sia proprio l'insistere sulla unica dimensione politca-istituzionle (la conquista dei governi) che ha reso la sinistra politica in Italia del tutto incapace di produrre qualsiasi cambiamento».

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