Là dove il pallone è più sporco

Dove c’è attività umana, c’è rischio di torbido malaffare e lo sport, in particolare il popolarissimo calcio, ovviamente non fa eccezione, anzi.

Malavita e mafie scommettono sempre su tanti cavalli: non importa che un affare o una grande opera si faccia o no. A loro, interessa cercare di stare al tavolo di qualunque trattativa redditizia, per lo meno finché almeno qualche complice del gioco sarà disponibile a chiedere un aiuto o accettare un favore.

 

Ricordate il Chapo Guzman? Capo del cartello del Sinaloa, organizzazione di trafficanti di droga messicani, arrestato a gennaio 2016: si devono a lui le decine di trasferimenti di giocatori argentini verso il calcio messicano, grazie agli elevati stipendi promessi. E’ l’esempio dell’ottima centrifuga del pallone più sporco, funzionale a gonfiare ingaggi, pagare quindi prestazioni sportive e riottenere così denaro pulito. Sempre in Messico, nel febbraio 2016 è stato catturato Tirso Martinez Sanchez, presunto capo di cartello e accusato di riciclaggio con le squadre di Queretaro, Irapuato e Celaya.

 

Nel mondo iperconnesso del calcio globalizzato, non devono stupire le dichiarazioni di Jorge Vazquez, sottosegretario del ministero degli interni uruguaiano, secondo cui lo sport, in particolare il calcio, sarebbe uno degli ambiti a cui dedicano maggiore attenzione le organizzazioni internazionali che si occupano di riciclaggio di denaro. Così in Salvador, persino Barack Obama ha ordinato sanzioni per presunto riciclaggio di denaro ed evasione fiscale in ambito sportivo contro alcuni manager dell’Isidro Metapan.

 

Ricordate Patricio Gorosito? Ex presidente del Real Arroyo Seco, club argentino di Santa Fe, è stato condannato a 19 anni di reclusione per il caso Carbon Blanco, traffico di una tonnellata di cocaina verso l’Europa. Il 65enne argentino ha candidamente ammesso di essere stato prestanome di Julio Grondona, ex presidente della Federazione calcistica argentina, e di aver costruito ad Arroyo Seco, città del dipartimento Rosario (Santa Fe), uno stadio da 12 mila posti con tanto di campi da tennis e hotel 4 stelle, successivamente venduto al Rosario Central per la cifra di 16 milioni di dollari. Quota molto al di sotto del prezzo di mercato, giustificata dall’urgenza di liquidità dell’imprenditore: Gorosito capitalizzò al meglio l’amicizia con Grondona stringendo accordi commerciali anche con grandi club europei come il Barcellona di Juan Laporta, tanto che nel 2008, per riprendersi dall’infortunio muscolare, anche Lionel Messi utilizzò il club e l’impianto costruito ad Arroyo Seco.

 

Ricordate l’omicidio di Arnold Peralta? Giocatore della nazionale dell’Honduras, che nel 2015 non vide solo il suo omicidio con 18 colpi di pistola, ma anche l’arresto a Miami con l’accusa di traffico di droga e riciclaggio di Yankel Rosenthal, ex ministro e presidente del Club Deportivo Marathon, una delle squadre di calcio più importanti dell’Honduras. In Colombia sono invece ben 8 i club indagati per collegamenti con il traffico di droga.

 

E l’Italia? Sebbene nel nostro paese, a parte i casi di calcio scommesse, calciopoli e presunto doping isolato, il legame tra cosche e calcio appaia più sfumato, non possiamo non ricordare alcune transazioni gonfiate figlie di disgraziate gestioni finanziarie per lo meno torbide: come dimenticare il crac di quella Parmalat con la quale Calisto Tanzi sponsorizzava un Parma calcio capace di ottenere alla fine degli anni ’90 vittorie di coppe tramite servigi di campioni come Buffon, Cannavaro, Thuram, Crespo, Veron? Come dimenticare il crac di quella Cirio con la quale Sergio Cragnotti sponsorizzava una Lazio campione d’Italia nel 2000, capace di contare su campioni come Nesta, Simeone, Nedved e Salas?

 

Che fare? Scegliere di andare #OltreLaBarriera del riciclaggio e della combine, scegliendo il calcio vero, normale: quello scelto da Simone Farina, che denunciò l’offerta di 200 mila euro fattagli per truccare da giocatore il risultato di un Cesena-Gubbio di Coppa Italia del 30 novembre 2010; quello scelto da Fabio Pisacane, nominato dal Guardian “sportivo del 2016” non solo per avere battuto un terribile male, come abbiamo raccontato anche sulle nostre pagine, ma per avere denunciato l’offerta di 50.000 euro fattagli ad aprile 2011 per far vincere il Ravenna contro il suo Lumezzane. Contro le mafie, anche nello sport, l’importante è scegliere da che parte stare.

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