La mappa nascosta tra i giornali e la tv

Presentato l’Atlante dei conflitti e delle guerre del mondo. Un grimaldello per capire le notizie e tracciare coordinate per la risoluzione dei conflitti.  
Guerra in Kivu Congo

Se esiste una guerra in Congo per accaparrarsi le ricche risorse di quel grande Paese africano e scopriamo che l’Italia è il più grande importatore di legname che proviene dallo sfruttamento delle foreste tropicali congolesi, forse questa informazione potrebbe aprire la mente di qualche lettore. Forse. Perché potrebbe far sorgere qualche domanda sul legame, non tanto misterioso, tra l’ambito parquet su cui poter passeggiare scalzi e le vicende africane che sembrano remote e sconosciute. Per non parlare del nostro telefonino o del computer che hanno, tra i propri componenti, quel minerale, il coltan, che proprio in Congo è così diffuso e presente.

 

E non servono le rivelazioni di WikLeaks per farsi un’idea di ciò che accade in tanti conflitti accesi sulla Terra. Basta un Atlante dei conflitti e delle guerre, attento e competente come quello redatto dall’Associazione 46° Parallelo di Trento, in collaborazione con il Premio Ilaria Alpi di Riccione, che in questi giorni viene presentato in giro per l’Italia e verrà distribuito in alcune scuole con il contributo di diversi enti locali, dalla Provincia di Trento al Comune di Firenze.

 

Prima tappa è stata la sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) a Roma, con i giornalisti costretti a riconoscere uno stato di fatto che fa pensare: buona parte delle notizie di poco peso fatte circolare con insistenza costringono a ignorare altre notizie ben più importanti che ci potrebbero svelare ciò che accade nel mondo. Ad esempio, si riesce a parlare della guerra in Afghanistan solo quando un soldato italiano rimane colpito a morte, senza farci conoscere le ragioni di un intervento che dura ormai da oltre dieci anni. Sapere, come informa l’apposita scheda tra le 35 dedicate ad altrettanti conflitti, che solo in un anno, dal 2001 al 2002, sono state gettate sul terreno afghano dalle forze alleate oltre 250 mila bombe a grappolo (le micidiali “cluster bomb”) induce ad approfondire le ragioni reali di questa guerra, le risorse ad essa dedicate e sottratte ad altre finalità, oltre alla questione sull’effettiva utilità di tale conflitto.

 

Domande scomode che, quando vengono affrontate con la serietà dovuta, mettono in gioco questioni fondamentali come l’interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione sul «ripudio della guerra» e le «limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Basti pensare al confronto molto aspro, ma certamente non banale, tra il giurista Danilo Zolo e l’ex presidente del consiglio Giuliano Amato che, dalle pagine de Il Sole 24 ore, ha recentemente affermato che «la nostra Carta non nega la guerra», citando, tra l’altro, la partecipazione italiana al conflitto del Kosovo che, assieme agli effetti dell’uranio impoverito usato in quella guerra, rimane una ferita non rimarginata.

 

Uno sguardo, quello dell’Atlante, che spazia dalle regioni più remote dell’Asia, Africa e America Latina fino al Vicino Oriente, scoprendo infine che dal nostro Paese partono grandi volumi di armi pesanti (tra il quinto e sesto posto in graduatoria tra gli esportatori) e cosiddette leggere, in cui raggiungiamo l’eccellenza come primo produttore in assoluto.

 

La geografia non è affatto una materia noiosa.

   

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