La lirica alza la voce

La patria del Belcanto ad un bivio: le produzioni strapagate non attirano pubblico, i direttori artistici sono datati e intanto il decreto Bondi  rischia di mandare a casa decine di lavoratori.
teatro

Un finale degno di un’opera tragicomica, quello di ieri al romano Teatro dell’Opera dove erano riuniti i lavoratori delle 14 fondazioni liriche italiane, giustamente preoccupati per i tagli alla musica – ma anche al cinema e alla cultura in genere, decisi dal decreto del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi. Decreto che rischia di mandare a casa decine di lavoratori del settore. Logico perciò che i sindaci di Bari, Genova, Firenze abbiano raccolto ovazioni nei loro interventi a favore di un ripensamento di Bondi, sul quale si è trovato d’accordo anche il sindaco romano Alemanno – presidente del Teatro dell’Opera –, che ha usato toni prudenti e si è mostrato disponibile all’ apertura di un tavolo di lavoro con i sindacati.

 

Il ministro, intanto, si trova in una situazione poco felice. Sia per l’ostilità al decreto e sia per il timore evidente di qualche contestazione, per cui ha rifiutato di presentarsi al festival di Cannes, dove ci sono due film italiani in concorso, fra cui quel Draquila della Guzzanti che certo non è un omaggio al governo. Ma, credo, un ministro dovrebbe rappresentare uno dei beni maggiori del Belpaese, cioè la cultura, per la quale il governo spende peraltro solo lo 0,23 del Pil, contro l’1 per cento degli altri Paesi europei. Spiace constatare la troppa insensibilità da parte dei cittadini, per scarsa conoscenza, del valore del nostro patrimonio culturale (oltre che degli introiti che procura grazie al turismo…).

 

Tornando alla lirica, fenomeno culturale di cui è madre l’Italia, è davvero necessario un ripensamento, se si pensa che lo Stato dà alle 14 fondazioni liriche italiane meno di quanto la Francia dà alla sola Opera di Parigi. Resta anche vero che all’estero – Monaco o Parigi, per fare un esempio – i teatri d’opera sfornano produzioni di qualità praticamente ogni sera, a prezzi ragionevoli, e con un pubblico vasto. Da noi, se si pensa alla sola Opera romana, le produzioni negli ultimi anni sono state scarse e con troppe spese. Spiace perciò la reazione della signora Fracci verso il sindaco di Roma.

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