La lezione di Nadia

Tra i risultati più significativi dei mondiali di sci alpino c’è sicuramente la medaglia d’argento conquistata in discesa dalla nostra Fanchini. Un’impresa che va oltre il solo aspetto sportivo
Nadia Fanchini

«Sono stati mondiali meravigliosi, con splendide piste e competizioni vibranti. Il pubblico ha tifato per tutti, indipendentemente dalla nazionalità. Quello andato in scena a Schladming nelle ultime due settimane è stato davvero un bel festival dello sport». A parlare è Sarah Lewis, segretario generale della Fis, la Federazione internazionale dello sci. E, in effetti, è difficile darle torto. Pensate che domenica, per assistere allo slalom maschile, prova conclusiva dei mondiali di sci alpino 2013, si calcola che, assiepate sulle tribune della Planai, ovvero la pista sulla quale si è gareggiato, ci fossero quasi 50 mila persone: un vero e proprio record! Eh già, un pubblico così, per delle gare di sci, non si era mai visto prima.

Fatta eccezione per lo spaventoso incidente accaduto durante il supergigante femminile alla statunitense Lindsay Vonn, questi mondiali austriaci sono stati effettivamente un vero successo, sia da un punto di vista di pubblico, che da un punto di vista prettamente tecnico. Marcel Hirscher, idolo di casa vincitore dello slalom speciale e della medaglia d’argento in gigante, è stato indubbiamente uno dei grandi protagonisti di questa rassegna iridata. Con lui, si sono fatti notare altri campioni dati tra i favoriti alla vigilia, in particolare lo statunitense Ted Ligety, vincitore di ben tre medaglie d’oro (supergigante, combinata e slalom gigante), il norvegese Aksel Lund Svindal, la slovena Tina Maze e la baby prodigio statunitense Mikaela Shiffrin.

Per quanto riguarda i colori azzurri, il bilancio non è poi così negativo: tre medaglie complessive e qualche prestazione che ci fa ben sperare per il futuro, in particolare quella della ventenne bergamasca Sofia Goggia, quarta in supergigante nella prima importante gara della carriera. A salire sul podio sono stati Dominik Paris, argento in discesa, Manfred Moelgg, bronzo in gigante, e Nadia Fanchini, seconda nella discesa libera femminile. Medaglie in parte “attese”, quelle di Paris e Moelgg, medaglia davvero inaspettata, invece, quella della ventiseienne atleta bresciana, la cui affermazione va al di là del solo significato sportivo.

Nella carriera di un atleta, e di uno sciatore in particolare, gli infortuni sono purtroppo da mettere in preventivo, si sa. Ma quello che è capitato in questi anni alla nostra portacolori, balzata giovanissima agli onori delle cronache per una serie di ottime prestazioni, ha davvero dell’incredibile. Il primo incidente di una certa entità è datato dicembre 2006: in una caduta avvenuta durante una discesa libera Nadia si procura un trauma cranico ed una frattura ad un polso. Recupera in fretta ma poi, dopo solo tre mesi, si rompe il tendine crociato di un ginocchio durante un gigante. Questa volta la ripresa è più tormentata, e quando tutto sembra finalmente alle spalle ecco un nuovo imprevisto stop.

I medici del Coni, infatti, nel settembre del 2007 le negano provvisoriamente l’idoneità agonistica per verificare meglio le cause di alcuni problemi cardiaci. La ragazza della Val Camonica passa davvero un momento difficile, tormentata da dubbi e paure. In quel frangente della sua vita l’aiuta molto la fede, ed alla fine, appurato che i fastidi erano dovuti ad extrasistole benigne, le viene dato l’ok per riprendere l’attività. Così Nadia riparte: nel dicembre del 2008 ottiene la sua prima (e sinora unica) vittoria in coppa del mondo e ai Mondiali dell’anno successivo vince il bronzo in discesa libera candidandosi a recitare un ruolo da protagonista alle Olimpiadi di Vancouver del 2010.

Purtroppo però, proprio nell’ultima gara disputata a pochi giorni dai Giochi, una “normale caduta” si trasforma in un gravissimo infortunio: rottura di entrambi i legamenti crociati e collaterali delle ginocchia! Per la nostra atleta è l’inizio di un nuovo “calvario”. Settimane spese tra il letto e la sedia a rotelle, in preda a dolori che potevano essere placati solo con l’uso di morfina. Poi, passata la fase peggiore, Nadia si rimbocca nuovamente le maniche e comincia a lavorare per quasi sei ore al giorno tra palestra e piscina sognando il ritorno sulla neve. Siamo a gennaio del 2011 quando Nadia si riaffaccia sul circuito del circo bianco come apripista alla discesa di Cortina e, incredibile a dirsi, si rompe subito il crociato del ginocchio sinistro: pazzesco!

Voi a questo punto non avreste mollato tutto? Nadia non l’ha fatto, anche se ormai nessuno credeva più che le sue enormi potenzialità potessero essere espresse. Quest’estate, ad esempio, si è allenata solo per il gigante, l’unica specialità che sembrava potesse ancora disputare dopo i tanti incidenti che ne hanno profondamente segnato il fisico. Poi a dicembre ha fatto qualche timida prova nelle gare di velocità, il suo primo amore. Trentottesima nel supergigante di St. Moritz (8 dicembre), ventiseiesima nella discesa libera di Val d’Isere (14 dicembre), sempre oltre il ventesimo posto nei successivi supergiganti e nelle discese disputate a St. Anton e a Cortina nel mese di gennaio.

Risultati piuttosto deludenti, eppure alla fine Nadia è stata convocata dai c.t. della nostra nazionale per i mondiali di Schladming dove, sorprendendo un po’ tutti, si è aggiudicata l’argento in discesa libera scrivendo una di quelle pagine di “riscatto” che solo lo sport sa regalare. «La mia medaglia è un messaggio: non mollate mai», ha affermato Nadia in conferenza stampa. Dopo nove stagioni di coppa del mondo, di cui cinque passate a recuperare da brutti infortuni, molti, comprensibilmente, avrebbero mollato. Nadia invece ci insegna ancora una volta che nonostante tutti i possibili ostacoli, per inseguire i propri sogni, bisogna saper ricominciare. Sempre.

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