La legalità via alla santità?

A Belmonte Mezzagno nel palermitano, c’erano anni in cui la mafia seminava morti per le strade. Oggi un’intera comunità propone testimonianze e prospettive di cambiamento  
Belmonte

Belmonte Mezzagno, grosso centro del palermitano ha legato il suo nome alla faida che vide contrapporsi negli anni ’80 due boss Benedetto Spera, legato a Bernardo Provenzano e legato invece ai corleonesi di Riina. In quel tempo sulle strade si assisteva quasi impotenti ad una guerra di mafia, oggi invece c’è una comunità che ha provato, attraverso la scelta di una legalità quotidiana, ad invertire la rotta e a tracciare nuove prospettive per l’intera cittadina. Questo il significato dell’incontro “Oltre i diritti e i doveri: una nuova  reciprocità”, tenutosi sabato scorso nella sala del museo Etnoantropologico dell’Acqua, dedicata a Paolo Borsellino.

 

L’appuntamento è stato promosso dalla locale comunità del Movimento dei focolari, che con questa città ha condiviso gli anni bui quando ogni giorno veniva raccolto un morto per strada,  come è stato ricordato, non senza commozione, dall’ex sindaco della cittadina. Egli ricordava il suo grido, sulle scale della Chiesa Madre: “Cosa possiamo fare?”. E lo chiedeva con veemenza anche agli amici del focolare.

 

La dinamica e fresca esposizione di esperienze diverse (dal bancario al medico, al commerciante, all’avvocato, al cittadino), semplici come può esserlo l’amore per la propria terra, è risuonatoa con robustezza, la risposta a quel grido di anni fa.

Un’intera comunità, quella di Belmonte Mezzagno, ingaggiata in questo pomeriggio di “uscita pubblica” in una città dove non è scontato parlare di legalità, dove talvolta il solo nominare la parola “mafia” ha dato qualche problema. Insomma una terra che ha subìto la violenza anche fisica di una malavita arrogante e senza scrupoli ma che, anche qui, il “sangue dei martiri” ha fecondato. Tutti, ma proprio tutti (organizzatori e partecipanti) siamo stati convinti dai fatti, dai frutti di questa terra fecondata. Ma chissà quanti altri da adesso in poi verranno fuori.

 

Insomma, un nuovo modo di parlare di legalità, frutto di un’appassionata e struggente condivisione di tutti con il contributo originale dei giovani,  che hanno curato la regia del pomeriggio, sapendo rappresentare con convinzione l’insofferenza nei confronti dei convegni antimafia e sulla legalità, perché spesso vuoti di contenuti e prospettive, capaci soltanto, e non sempre vi riescono, di fotografare la situazione. Una buona esercizio è stata anche la scuola di partecipazione civica del movimento politico per l’unità, partita due anni fa nel capoluogo siciliano, a cui tanti di loro hanno aderito.

 

Una regia davvero sapiente, quella di questi ragazzi, che hanno saputo porre le domande giuste, giungendo finanche a chiedere, con coraggio, il nesso tra santità e legalità. Come si vede discorsi “tosti”, mica da convegni vuoti e senza fascino. Ed il fascino era invece tutto in quella sala. Il coraggio di gridare il vangelo dai tetti, quello stesso Vangelo, che solo alcune settimane fa Benedetto XVI a Piazza Politeama a Palermo e proprio all’incontro con i giovani aveva definito “incompatibile con la mafia!”.

 

Mi sembra una prospettiva affascinante che anche da un palco di un incontro sulla legalità in una delle città più difficili nel rapporto con la legalità, si lanci, e insieme ai giovani, lo stesso messaggio del Papa: “La mafia è incompatibile con il Vangelo” e aggiungerei con la santità,  perché la santità di un popolo, si giocherà su tante piazze ma anche sul terreno della legalità.

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