La grandezza di un incontro

Il colloquio privato tra Kirill e Bergoglio, all’aeroporto di L’Avana, sotto lo sguardo di Raul Castro, è il simbolo di un ulteriore muro millenario che crolla
Kirill

Ci sono pochi eventi di cui ci si possa dichiarare più che soddisfatti in quest’epoca di Terza guerra mondiale. Uno di questi è stato certamente l’incontro avvenuto all’aeroporto di L’Avana, sotto gli auspici di un soddisfatto ma un po’ rigido Raul Castro, tra il capo della Chiesa cattolica e quello della Chiesa di tutta la Russia. Alcuni elementi ci sembrano degni di nota.

 

Innanzitutto il fatto che si siano incontrati: si può immaginare il tenore della loro conversazione pacata, con parole dense di significato, le necessarie prudenze ma con gli sguardi incrociati a scrutare il pensiero più profondo altrui. Da sottolineare, poi, il fatto che l’appuntamento abbia segnato la fine di una millenaria incomprensione: in un’epoca in cui si preferisce costruire muri, il papa continua a smantellarne altri, col contributo di uomini e donne di buona volontà che avvertono la gravità del momento.

 

Terzo aspetto, c’è stato un documento comune che ha affrontato, pur con il linguaggio proprio della diplomazia, il che non è un male tutt’altro, i grandi temi che stanno a cuore ai due interlocutori e alle loro Chiese. Ripercorriamolo, ci sono comunque tante sorprese, tante piste di lavoro. Sin dall’incipitCon gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per “parlare a viva voce” (2 Gv 12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana», è l’incipit incoraggiante. E poi la collocazione: «Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest.

 

Da questa isola, simbolo delle speranze del “Nuovo Mondo” e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti i popoli dell’America Latina e degli altri Continenti». Quindi la dimensione universale del messaggio è evidente, ma senza dimenticare l’Europa, sede del papato e del patriarcato: «Incontrandoci lontano dalle antiche contese del “Vecchio Mondo”, sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15)». Sì, ci sono state difficoltà – «siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati» – , ma «deploriamo la perdita dell’unità. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio».

 

Comincia poi l’elenco delle piaghe dell’umanità sulle quali si vuol porre qualche lenimento: «Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere». Per questo «Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il ristabilimento della pace in Medio Oriente che è “il frutto della giustizia” (cfr Is 32, 17), affinché si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case, la guarigione dei feriti e il riposo dell’anima degli innocenti uccisi». Ricordando questo conflitto mediorientale, il papa e il patriarca evocano tutte le guerre. E riconoscono che «In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile (…), nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa».

Altri temi evidenziati, a cominciare dall’Europa: «Il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose». Povertà: «Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre crescono le ricchezze materiali dell’umanità».

 

Giustizia e solidarietà: «Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il rispetto per le tradizioni dei popoli e un’autentica solidarietà con tutti coloro che soffrono». Famiglia: «La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi (…). La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica». Aborto e eutanasia: «Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita (…). Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale». Gioventù: «Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli. Siate la luce del mondo».

Poi i temi più scottanti di carattere ecumenico. Proselitismo: «Questa missione comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo. Non siamo concorrenti ma fratelli». Uniatismo: «Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili».

 

Ucraina: «Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto». Evangelizzazione: «Cristo è fonte di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di significato. Di ciò si sono potuti convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le parole dell’apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10)».

La conclusione è una espressione che in sé sintetizza il senso dell’unità dei cristiani e del mondo: «Per la gloria della Santissima e indivisibile Trinità». Una lezione di diversità e di unità insieme.

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