La disdetta del memorandum Italia-Libia

Lo chiedono le associazioni del Tavolo Asilo sulle migrazioni per le gravi conseguenze sulla vita delle persone richiuse nei campi di detenzione. Rinnovo automatico il 2 novembre. La responsabilità della società civile

Non si era mai visto che il “giornale dei vescovi”, come viene definito nelle rassegne stampa il quotidiano Avvenire, denunciasse la presenza di un trafficante di esseri umani in incontri ufficiali con le istituzioni italiane. La clamorosa rivelazione ha fatto scattare la protezione del giornalista Nello Scavo da parte della polizia per le minacce ricevute.

Un fatto inquietante che sta suscitando manifestazioni diffuse di solidarietà, compresa ovviamente la redazione di Città Nuova, che non possono ignorare la sostanza della questione e cioè la grave violazione dei diritti umani nei campi di detenzione in Libia. 

Non sono mai state evidenziate le gravi responsabilità internazionali nella guerra scatenata nel 2011 in quel Paese nordafricano, anche con il concorso del nostro Paese, ma il caos che ne è seguito, la divisione in zone di influenze tutelate dagli interessi delle potenze straniere, l’endemico stato di conflitto ha indotto l’Italia a siglare a Roma, nel febbraio del 2017, un memorandum di intesa tra Italia e Libia, o più precisamente con il governo di Fayez al-Serraj che controlla solo parte del territorio.

November 2018. ANSA/CHIGI PALACE/FILIPPO ATTILI

Il contenuto del testo prevede, di fatto, un’esternalizzazione delle nostre frontiere, con il finanziamento della guardia costiera libica e dei centri di detenzione delle persone migranti, definiti “di accoglienza” ma di fatto dei luoghi disumani dove si pratica la tortura. Un certo clamore ha suscitato nel luglio scorso la strage di decine di reclusi in uno di queste “strutture di accoglienza” ad opera di un bombardamento aereo dell’aviazione comandata dal generale Haftar, altro uomo forte che pretende di comandare sulla Libia. In molti ricordano la foto della stretta di mano sorridente tra Haftar, al Serraj e il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel vertice sulla Libia svoltosi a Palermo nel novembre 2018.

Come l’accordo della Turchia con la Unione europea, il memorandum con la Libia concorre al crollo degli arrivi dei migranti nel nostro Paese. L’ostacolo posto alle navi Ong a prestare opera di soccorso nelle aree marittime di competenza delle rispettive guardie costiere ha costituito un altro fattore inteso ad attenuare la spinta verso le migrazioni ( il cosiddetto “pull factor”). Anche se poi l’ultimo dossier immigrazione redatto da Idos ci parla di una stima di 1.314 morti nel 2018 per naufragio nella rotta mediterranea.

Non arrivano perché detenuti nei campi in Libia o perché muoiono in mare. L’alternativa, giusta e sostenibile, va ancora trovata oltre all’esempio dei pochi “corridoi umanitari” sostenute dai valdesi,   sant’Egidio e la Cei.

Quello che tuttavia merita di essere messo in discussione è il rinnovo automatico dell’intesa tra Italia e la Libia di al Serraj che porta la firma non del sovranista Salvini ma del governo del 2017, a guida dem, di Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio, e Minniti, allora ministro degli Interni.

Un gran bel dilemma per il Conte 2 davanti ai successi elettorali di Lega e Fratelli D’Italia (Umbria docet), ma l’intera questione è troppo seria per essere ridotta ad un cedimento verso il “buonismo”. È in gioco il senso stesso della nostra umanità e la fedeltà ai valori costituzionali posti a fondamento della Repubblica.

Fin dall’inizio, inoltre, l’accordo è stato criticato perché non è stato sottoposto a ratifica del Parlamento, nonostante la sua rilevanza politica.

Il “Tavolo asilo” e cioè gran parte delle realtà impegnate sull’immigrazione in Italia, chiedono, perciò, senza mezzi termini con una lettera aperta l’annullamento del memorandum che altrimenti verrebbe rinnovato, per ulteriori 3 anni, automaticamente, sabato 2 novembre. Giorno di memoria dei defunti e in mezzo ad un ponte di vacanza che, di solito, attenua la vigilanza di un’opinione pubblica facilmente esposta alla distrazione di notizie che tuttavia sono accessibili a tutti.

 ANSA / Pablo Tosco / us Oxfam Italia

Come ribadiscono le associazioni del Tavolo Asilo i «migranti intercettati in mare dalla Guardia Costiera libica vengono rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, denutriti, senza cure mediche né spazio sufficiente. È ampiamente documentato come questi non siano luoghi di mera detenzione, ma vi si attuino veri e propri sequestri a scopo di estorsione. Uomini, donne e bambini vengono sottoposti a torture, stupri e violenze sistematiche da parte dei funzionari statali e delle milizie che li gestiscono. Alcune persone, inoltre, subito dopo lo sbarco vengono vendute a trafficanti di esseri umani».

C’è da dire che il Governo italiano «ha più volte fatto riferimento alla presenza in Libia di organizzazioni internazionali come UNHCR e OIM e di organizzazioni non governative, per sostenere che le tutele previste dal diritto internazionale sono rispettate». Sennonché bisogna tener presente che «come dichiarato anche da alcune di queste organizzazioni da alcune di queste organizzazioni, la loro presenza al momento dello sbarco in Libia e nei centri di detenzione non è in alcun modo sufficiente a garantire neanche un livello minimo di tutela dei diritti umani dei migranti riportati in Libia».

Difficile che il governo proceda alla disdetta dell’accordo del 2017 ma una giusta pressione della società civile potrebbe indurre a rivedere i termini dell’accordo per ripudiare le parti più disumane e trovare le soluzioni alternative e interventi immediati come l’accesso degli organismi internazionali per i diritti umani. Molto poco. Ma neanche tale obiettivo essenziale potrà essere raggiunto senza una presa di coscienza diffusa.

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