E se la difesa non fosse «sempre» legittima?

Resta la Costituzione il limite invalicabile anche per la riforma che il Parlamento si appresta ad approvare
ANSA/FABIO FRUSTACI

È di questi giorni il dibattito, che ha acceso gli animi e impegnato le reti televisive, sulla approvazione alla Camera dei Deputati delle modifiche in materia di legittima difesa.

Gli slogan, come spesso accade, non sono mancati. Eppure, parliamo di un tema che ha coinvolto storie vere di persone reali, vite spezzate, famiglie ferite nella loro quotidianità, minando la fiducia dei cittadini esposti a ricorrenti episodi di aggressione e violenza nella quiete della casa o nei luoghi del proprio lavoro.

Oggi, a seguito delle modifiche approvate il 6 marzo scorso, anche se non ancora definitive e in attesa dell’ulteriore pronunciamento del Senato, sembra diffusa la convinzione che la legittima difesa, all’interno del domicilio o nei luoghi dove si svolga la propria attività, possa incondizionatamente sussistere in presenza di un’aggressione ingiusta.

Un convincimento sufficiente a contrapporre sostenitori e detrattori che prevedono un vero e proprio Far West, dove le armi possono divenire un “facile gioco”, non più virtuale, ma reale.

Al di là di torti e ragioni, mai divisibili al netto di un ragionevole argomentare, è soprattutto il cittadino che ha bisogno di capire con chiarezza il confine, affidato alle norme, fra “tutela” di un diritto, riconosciuto a sé e ai propri cari, e ambito della responsabilità, a cui tutti siamo chiamati nei confronti di ogni altro. Quale la vittima e quale il colpevole? È questa la domanda di sempre, a cui neanche oggi l’art. 52 del codice penale, come riscritto ultimamente, si sottrae.

La non punibilità che in esso è prevista per chi reagisca, «costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta», trova ancora oggi nella proporzione fra difesa e offesa il suo limite nella portata applicativa.

È l’argine a una reazione indiscriminata: una proporzionalità nell’uso del mezzo difensivo, prima ancora che nel mezzo in sé, così da valutarne la finalità in concreto come risposta all’aggressione.

Non vi è spazio per una ritorsione né per un’offesa realizzata al fine di prevenire condotte aggressive. Non solo, la situazione che da sempre giustifica un comportamento difensivo (altrimenti punibile) sussiste in presenza di altri due fondamentali requisiti: la necessità della difesa per far fronte all’offesa di un diritto proprio o altrui, e l’esistenza di pericolo attuale, che non consentendo per le circostanze l’immediato intervento da parte delle istituzioni permette al cittadino l’autodifesa. Se tale impianto normativo è rimasto invariato, la modifica di recente approvata riguarda quella particolare ipotesi definita “legittima difesa domiciliare” (art. 52 c. p., commi successivi al primo), introdotta peraltro già dal 2006.

Si è allora disposta una presunzione di proporzionalità tra offesa minacciata e reazione difensiva da parte di chi, legittimamente presente nel proprio o altrui domicilio, o in altro luogo di privata dimora, o nelle sue appartenenze, o nel luogo di svolgimento dell’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, ricorra all’uso di un’arma (legittimamente posseduta), o ad altro mezzo di coazione fisica.

Il ricorso a tali mezzi esige tuttavia che sia messa in pericolo la propria o altrui incolumità, o, se l’offesa è volta ai beni propri o altrui, l’uso di quei mezzi è consentito solo a condizione che l’aggressore non abbia desistito dalla sua condotta, ad es. dandosi alla fuga, e che sussista il pericolo di aggressione.

A tale previsione, la modifica di questi giorni ha aggiunto un semplice avverbio: “sempre”, a stabilire che si presume sempre la proporzionalità tra offesa e difesa, quando le circostanze dell’aggressione siano quelle appena descritte. Dunque, ampia tutela per chi all’interno del domicilio reagisce anche sopprimendo la vita dell’aggressore, con la garanzia di vedersi sottratto alle vicissitudini che ogni procedimento penale porta con sé? Evidentemente no, come emerge anche dai primi commenti.

Difatti, presumere sempre, in caso di cosiddetta difesa domiciliare, la proporzione (fra reazione e offesa minacciata) non farebbe comunque venir meno gli altri requisiti richiesti per la sussistenza della legittima difesa: la necessità della difesa stessa e l’attualità del pericolo.

Elementi essenziali, che esigono la corretta ricostruzione del fatto concreto ad opera del giudice, al cui vaglio difficilmente si potrà sottrarre una difesa che appaia in astratto “sempre legittima”! L’apparenza non basta a dare certezze al cittadino circa il contenuto della norma.

Una conferma arriva dall’ulteriore previsione, aggiunta in chiusura dell’art. 52 c. p. Si tratta di una vera e propria presunzione di legittima difesa, che sussisterebbe sempre per «colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone», quando ciò avvenga nell’ambito del proprio o altrui domicilio, o nei luoghi dell’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

In realtà, l’espressione “respingere”, come del resto segnalato, richiederebbe quanto meno la valutazione dell’attualità del pericolo di un’aggressione, da scongiurare nell’immediatezza. Dall’ accertamento della situazione in concreto non si potrà prescindere neanche in caso di eccesso (colposo) nella “legittima difesa domiciliare”, ipotesi aggiunta all’art. 55 c.p. a escludere la punibilità di chi abbia commesso il fatto (superando i limiti consentiti) per salvaguardare la propria o altrui incolumità, e si trovi in condizione di minorata difesa o “in stato di grave turbamento”, derivante dal pericolo in atto. Un pericolo da verificare.

Dunque, al di là di reazioni e slogan emotivi il percorso di revisione normativa della legittima difesa nulla o poco cambierebbe? Forse, in attesa che l’iter parlamentare si concluda, la risposta si nasconde in una doverosa riflessione: quando è in questione la persona umana e la sua tutela nella vita o integrità personale, una presunzione assoluta rischia di non reggere al vaglio dei principi e valori fondanti la nostra Costituzione.

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