La costante Draghi per un Paese in cerca di certezze

Stabilità e sicurezza offerta nella Conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Appuntamento rituale organizzato dall’associazione della stampa parlamentare nell’imminenza dell’approvazione della legge di bilancio da parte delle Camere e della riunione della cabina di regia del governo chiamato ad affrontare la continuità dello stato emergenza causato dalla pandemia
Draghi Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Toni cortesi e politicamente corretti nella conferenza abituale di fine anno con la stampa parlamentare da parte del presidente del consiglio Mario Draghi. L’incontro, che si è svolto nel moderno auditorium dell’università francescana dell’Antonianum, segue una serie di impegni istituzionali importanti pre natalizi.

Dal bilaterale con il neo cancelliere tedesco a quello con i rappresentanti diplomatici italiani nel mondo, che hanno rafforzato l’immagine autorevole di Draghi rilanciata dalla stampa internazionale e da quella nazionale interessata alla vicenda della successione di Mattarella al Quirinale.  Argomento che ovviamente Draghi ha blandito nelle risposte alle numerose domande dei media sul tema ribadendo, ad ogni modo, il ruolo di garanzia che deve essere assicurato dal presidente della Repubblica fugando ogni interpretazione neo presidenzialista. Di certo esiste il timore sommerso di uno scontro tra le forze politiche dell’attuale maggioranza nel voto per l’elezione al colle più alto della Repubblica. Rottura che, come ha riconosciuto Draghi, potrebbe ostacolare l’esperimento dell’esecutivo di emergenza che egli stesso ha guidato finora realizzando i 51 obiettivi richiesti dall’Europa per ottenere la prima rata delle risorse previsti dal Piano di ripresa.

Ricorre perciò la persuasione, pronunciata nel discorso di inizio mandato, dell’unità del Paese da intendere come un “dovere” di fronte a sfide che non si possono eludere. Soprattutto la lotta al diffondersi della pandemia proprio a partire dal riconoscimento dell’incertezza sulle varianti  del virus che lascia aperta la possibilità, in un futuro, di un obbligo di vaccinazione.

Tutte le strade restano aperte e comunque il punto verrà fatto, almeno per i prossimi giorni, il 23 dicembre nella riunione della cabina di regia del governo. Ovviamente al presidente del Consiglio viene richiesto il compito di offrire sicurezza sulla soluzione della crisi ed è un ruolo che l’ex governatore della Bce sa esercitare sciorinando i numeri positivi dell’economia italiana con tassi di crescita che sono paragonabili, ha detto Draghi, solo a quelli degli anni Cinquanta e Sessanta.

Continuano ad esistere i problemi strutturali dell’Italia (ad esempio tassi eccessivi di povertà assoluta e numero abnorme delle morti sul lavoro) ma questi , nella narrazione rassicurante del premier, sono proprio i nodi che il suo “governo del Presidente”, cioè di Mattarella, è chiamato a risolvere perché, come ha precisato, «non può esistere crescita se si lascia indietro qualcuno».

Ragionando nel breve termine si può dire che l’unità dei partiti di maggioranza è assicurata nel voto sulla legge di Bilancio che verrà approvata necessariamente entro il 31 dicembre 2021. Il testo giungerà il 28 dicembre alla Camera dopo tutti gli emendamenti concordati nelle trattative in corso in queste ore. Una procedura che trova spiegazione con lo stato di emergenza pandemica che si continua a vivere, non solo in Italia. Anche i rapporti con l’insieme dei sindacati confederali sembrano migliorati dopo l’incontro del 20 dicembre sulla questione delle pensioni. Una questione, quella della tenuta dei conti contributivi, che dipende da molte variabili, ad esempio il calo demografico, pur esigendo una stabilità delle norme pensionistiche che non possono cambiare ad ogni cambio di governo, ribadisce Draghi (non si tocca il sistema contributivo).

Il presidente del Consiglio non è entrato nel merito di questioni eticamente divisive come quella della legge sul suicidio assistito rimandando alla competenza del Parlamento e all’indirizzo espresso dalla Corte Costituzionale.

Draghi si è dimostrato molto realista sulla domanda relativa al rapporto con Russia e Cina riconoscendo che l’Europa non dispone al momento di strumenti di deterrenza, militari ed economici, efficaci nei confronti, ad esempio, dell’ammassamento delle truppe russe sul confine ucraino. Il presidente del Consiglio italiano riconosce che entrambe i due Paesi confinanti non rispettano l’accordo di Minsk che ha fermato l’ostilità nel 2014 e riconosce, comunque, che la ricerca di un contatto diretto con gli Usa di Biden da parte di Putin costituisce un segnale positivo di dialogo che gli europei devono sostenere.  Ad ogni modo il pensiero di Draghi davanti agli scenari di conflitti possibili, anche sul territorio europeo, è stato espresso con grande chiarezza nell’incontro del 21 dicembre con gli ambasciatori italiani nel mondo: «Serve accelerare verso una difesa europea, complementare alla Nato. La Bussola Strategica che ci apprestiamo ad adottare è un primo passo, a cui deve seguire un impegno ancora maggiore in termini di capacità militari e risorse finanziarie. Dobbiamo costruire una politica estera chiara e più forte, dotata di meccanismi decisionali efficaci – a partire dal superamento del principio di unanimità -. All’interno di queste alleanze, il rapporto con gli Stati Uniti è e rimarrà centrale».

Sulla questione libica Draghi ha ribadito la linea seguita finora pur dopo il rinvio obbligato, dopo gli scontri tra fazioni rivali, delle elezioni fissate per il 24 dicembre.

Anche suI flussi migratori il presidente del Consiglio ha detto di vedere segnali positivi sulla diffusione dei corridoi umanitari e del rimpatrio assistito dei migranti, mentre ha ripreso la tesi di Confindustria favorevole all’ingresso ordinato di lavoratori richiesti dalle nostre aziende tramite nuovi decreti flussi.

Si tratta di orientamenti strategici ben chiari che confermano la visione di lungo termine e durata incarnata dal governo Draghi. Tale continuità potrà essere assicurata, secondo alcuni, con la sua salita al Quirinale oppure, per altri, con la scelta di una figura in grado di offrire tale garanzia di stabilità. La remota ipotesi di una fuoriuscita di Draghi dalla guida del Paese è, di fatto, considerata come una vera e propria calamità per la credibilità dell’Italia.

Sono sembrati perciò espressione di sicurezza e non solo di augurio natalizio gli applausi che hanno segnato la fine dell’incontro con la stampa parlamentare. «Il mio destino non conta assolutamente nulla. Non ho aspirazioni né per una cosa né per l’altra», ha precisato Draghi per ribadire che «sarebbe un’offesa all’Italia dire che tutto è legato a un singolo individuo».

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