La Coppa America è nuovamente rossa

La nazionale del Cile si è consacrata nuovamente campione continentale superando ai rigori con l'Argentina. Caroselli di auto e festeggiamenti improvvisati a tarda notte, delusione dal lato argentino delle Ande. Si conferma la nascita di una nuova potenza del calcio
Charles Aranguiz porta la Coppa America

La festa in Cile è iniziata ieri notte lungo i più di 6 mila km di questo Paese snodato tra le Ande e il Pacifico. Per il secondo anno consecutivo il Cile si è laureato campione d'America, tutte e due le volte piegando ai rigori la blasonata Argentina, nientemeno. L'anno scorso ottenne il titolo in casa, quest'anno negli Usa, nella coppa che celebra il centenario di questo trofeo.



Centoventi minuti non sono bastati per definire il confronto durante una partita dura, tesa, virile e con sprazzi di emozioni da una parte e dall'altra. Il primo tempo controllato soprattutto dall'Argentina, la ripresa ferreamente in mano cilena con grinta e convinzione. Il Cile entra tra le potenze del calcio con orgoglio e meritatamente. Non vanta grandi risultati nella sua storia, ma negli ultimi anni ha saputo lavorare con umiltà, facendo leva su grandi talenti, riconosciuti anche dal lussuoso calcio europeo, con campioni come Arturo Vidal, Alexis Sánchez o il "pitbull" Gary Medel. Se volete farvi un'idea del temperamento cileno, osservate il tracognotto Medel, calciatore quasi sgraziato ma che difficilmente ne sbaglia una. Un processo, quello del calcio cileno, o meglio, un'evoluzione paradossalmente frutto della sapiente capacità dei DT argentini: prima Marcelo Bielsa, poi Jorge Sanpaoli e oggi Juan Antonio Pizzi.



Gli argentini tornano a casa delusi. E hanno ragione. Per la seconda volta perdono contro il Cile (maledetti rigori), la terza finale (consideranto quella degli ultimi Mondiali) che si aggiunge ai "fallimenti" di uno sport che solo considera come un successo il primo posto. Una squadra di grandi stelle, tra tutte quella di Lio Messi, un calciatore che non è nato su questo pianeta, ai quali si aggiungono i vari Di María, Lavezzi, Iguaín, Mascherano, Aguero… gente che viene contesa fuori dall'Argentina a suon di milioni. Ma anche una squadra disastrata dai continui cambi di DT e da un'associazione calcio condotta durante 30 anni con uno stile in odore di mafia. Un peccato, perché l'astro mondiale Messi vive una nuova frustrazione proprio dove maggioremente avrebbe desiderato trionfare, nella nazionale biancoceleste. A caldo ha confessato che non continuerà più a giocare per la sua nazionale. Speriamo che ci ripensi!



Così va il mondo. Oggi i cileni vanno al lavoro con un sorriso in più, mentre in Argentina i tifosi continueranno a vedere il pallone del rigore di Messi finire nel limbo di una nuova delusione. In Cile molti non potranno credere che questo Paese piccolo e quasi mai protagonista della cronaca dei giornali oggi sia sotto i riflettori del calcio globale, in Argentina molti non potranno credere che tale posto non sia occupato dai capioni nostrani. Ma domani già sarà differente. Tutto sommato è solo calcio.

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