La comunione produttiva e il papa

Alle radici di un percorso che dura da 25 anni, seguendo l’indicazione di Chiara Lubich di un’economia di comunione inclusiva degli ultimi. Sabato 4 febbraio l’incontro con papa Francesco

In allegato con il prossimo numero 2 del mensile Città Nuova, gli abbonati della rivista troveranno il rapporto 2016 dell’Economia di Comunione. Uno strumento concreto a partire dai dati e dalle storie per capire questa realtà che incontrerà il papa il prossimo 4 febbraio a Roma.

Come si afferma con molto realismo all’inizio di questa pubblicazione, «arriveranno imprenditori, lavoratori e studiosi da 51 nazioni per offrire – come dicono nel rapporto –, a papa Francesco il modesto ma sofferto frutto di venticinque anni di impegno controcorrente a realizzare una comunione produttiva aperta agli esclusi».

Riportiamo perciò l’editoriale iniziale di Alberto Ferrucci come contributo a comprendere il senso di questa tappa dell’Economia di Comunione che nel 2016 ha compito i suoi primi 25 anni.

 

I nostri 5 pani e due pesci

 

Questo rapporto 2016 esce nei giorni in cui gli operatori di Economia di Comunione arrivano a Roma da tutto il mondo per incontrare papa Francesco. Essi possono offrire al santo padre: poli produttivi in Europa e America Latina, vita di comunione dei lavoratori di 800 aziende, sostegno di diverse migliaia di poveri, scuola per i loro figli, associazioni che organizzano scuole e reti di aiuto a nuove aziende di giovani imprenditori, progetti produttivi e sociali, supporto all’università della cultura dell’unità, dialogo con la cultura contemporanea.

Poca cosa di fronte alla complessità dei problemi di oggi, tanto più se offerti alla voce più autorevole sui temi del futuro sociale e ambientale del pianeta.

Sono comunque i nostri “cinque pani e due pesci”, che speriamo saranno impreziositi dai volti di tutti coloro che arriveranno all’incontro col papa con negli occhi la luce del carisma dell’unità, il dono di Dio affidato a Chiara Lubich sotto le bombe della Seconda guerra mondiale.

Venticinque anni fa, davanti allo scandalo delle favelas attorno ai grattacieli di San Paolo, come alternativa al consumismo trionfante dopo il crollo del muro di Berlino, Chiara aveva proposto una “comunione produttiva” inclusiva degli ultimi, invitando ad unirsi per produrre nuova ricchezza e togliere i poveri dalla loro condizione.

Questo proprio mentre stava dilagando la globalizzazione dei capitali e del lavoro, che avrebbe riscattato dall’indigenza due miliardi di persone, permettendo però ai grandi gruppi economici e finanziari, avvantaggiati dalla mancanza di regole, di eludere le imposte sui loro enormi profitti; imposte che avrebbero dovuto finanziare la ricerca e l’innovazione degli Stati, necessaria a creare nuovi posti di lavoro in sostituzione di quelli tradizionali cancellati.

Ricchezze sottratte al bene comune che si incancreniscono in gruppi oramai così potenti da renderne difficile il controllo. Si consolidano così “strutture di peccato” che concentrano la ricchezza nelle mani di pochi e mettono in difficoltà molti, portandoli a dare ascolto a chi dà la colpa della situazione ai più poveri tra i poveri, quelli privati non solo dei beni, ma anche della patria che ogni giorno ci interpellano, disperati, nelle strade delle nostre città.

Si prospetta così un mondo in cui si ergono muri e crolla la fiducia, l’opposto del mondo unito che Chiara ha proposto indicandone la via con l’Economia di Comunione, il mondo che papa Francesco cerca di costruire mostrando un Dio che guarda con misericordia tutti gli abitanti di questo piccolo pianeta errante nello spazio, su cui sopravviviamo respirandone l’atmosfera che lo avvolge in uno strato davvero sottile.

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