La Bolivia si ribella a Morales

Appena conosciuto il risultato elettorale dello scorso 20 ottobre, che dava la vittoria a Evo Morales per un quarto mandato consecutivo, la gente non ha accettato i risultati macchiati da tante irregolarità e ha iniziato a protestare per strada, ottenendo la rinuncia dell’ex presidente. Eletta la nuova presidente, Jeanine Anez, ma senza maggioranza.

A due giorni dalla rinuncia di Evo Morales, e a poche ore ddall’elezione di Jeanine Anez, ma senza maggioranza, il Paese cerca di trovare una via di uscita nel quadro della democrazia e della legalità. La stampa boliviana riporta un bilancio di più di 3 morti e 400 feriti in 20 giorni di protesta civica, che chiede nuove elezioni dopo che la Oea (in spagnolo) o Osa (in italiano), cioè l’Organizzazione degli Stati americani, ha confermato gravi irregolarità nei comizi di ottobre e nel voto. Mentre continua la violenza a danno di edifici pubblici e abitazioni particolari di personaggi politici leali a Morales, non cessa la violenza nelle strade con scontri tra civili da una parte, cioè la gente che blocca le strade, e seguaci dell’ex presidente.

Morales ha catalogato tali fatti come un “colpo di Stato” e, quindi, l’opinione pubblica mondiale associa spesso le proteste a un’azione diretta o a pressioni militari anticostituzionali; eppure, in questo caso si contano soltanto morti e feriti come risultato della violenza del governo e dei suoi seguaci, ma anche dei cecchini che sparano contro i minatori e gli studenti che si recano verso la capitale La Paz, così come della mobilizzazione di bande di violenti che hanno usano dinamite e altri che hanno sparato a bruciapelo contro chi marciava. Tutte azioni di gruppi presumibilmente legati al partito di governo.

Fino al giorno in cui scrivo (11 novembre), l’esercito non si è ancora visto nelle strade mentre invece la polizia in rivolta si è rifiutata di sparare sui civili, i quali si sono radunati durante tutti questi giorni in affollate manifestazioni e cabildos (incontri aperti dei cittadini), dai quali sono emersi dei leader civici che hanno guidato le proteste, al di là dei partiti tradizionali e dei vecchi attori della politica boliviana.

Alla domanda se ci sia stato qualche fattore anticostituzionale che abbia facilitato l’uscita di Morales, o che esistano degli indizi di un colpo di Stato, la risposta che chiaramente si fa strada è al contrario il fatto che l’ex presidente Morales è andato lui stesso contro la Costituzione, ma anche contro il risultato di un referendum nel quale il Paese si era opposto alla rielezione per un quarto mandato consecutivo.

La rinuncia di Evo Morales è stata, perciò, il risultato dell’azione spontanea popolare e non vincolata a nessun partito politico specifico. La cittadinanza si è espressa protestando nelle strade contro le azioni fraudolente dell’ex presidente, dopo 20 giorni di sciopero generale, al quale avevano aderito anche istituzioni come la polizia. Il report dell’Oea, richiesto dallo stesso Morales, ha confermato la frode, e questa è stata la goccia che lo ha portato a prendere la decisione di rinunciare. Quindi, sarebbe più adeguato parlare di ribellione della cittadinanza e non di colpo di Stato.

Nel frattempo, mentre Morales è stato accolto dal Messico insieme ad alcuni ex membri del governo, in Bolivia è stata eletta la nuova presidente, Jeanine Anez, in mezzo a una situazione sociale e politica molto fragile.

Traduzione di Gustavo E. Clariá

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