Kim Ki-duk, poeta regista

Morto per Covid il regista coreano di culto conPietà” e “Ferro 3-La casa vuota”
AP Photo/Markus Schreiber

Che peccato sia morto, per Covid, a soli 59 anni il regista sudcoreano Kim Ki-duk, solo, a Riga, in Lettonia. Una perdita per l’arte di un poeta delicato e drammatico, visionario e realista, presente nei festival di cinema con lavori tra contemplazione e storia. Una religiosità di sottofondo, un amore per la natura, un’indagine anche dura sulle contraddizioni sociali della sua terra, questi i temi di un artista che passa dal thriller al dramma, dal racconto psicologico al poliziesco, all’amoroso, che ama il silenzio e le parole misurate, pur essendo capace di immagini forti.

Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera è il capolavoro del 2003 in cui Kim esplora l’avvicendarsi della vita umana secondo il ciclo delle stagioni: il bambino che, educato da un monaco buddhista scopre l’amore e poi il delitto e infine ritorna nell’eremo a riconquistare la pace perduta è parabola dell’uomo in immagini di stupenda poesia e con un pensiero doloroso di fondo sulla difficoltà di conservare l’innocenza e la pace.

Con Pietà nel 2013 vince il Leone d’oro a Venezia. La storia dura dello strozzino crudele verso chi non paga viene travolta dalla comparsa improvvisa di una donna che si dice sua madre. Lei cambia l’uomo con il tempo, pur subendone le ingiurie, e poi scompare. Ma forse quell’uomo ha imparato cosa voglia dire il sentimento della pietà.

Forse l’opera migliore è Ferro 3 – La casa vuota (2004), storia di un giovane che occupa case vuote, conosce una donna vittima del suo uomo, la salva, ma finisce in carcere con l’accusa di aver ucciso un vecchio. Film di scarse parole, di occhi e di gesti, vede l’amore come forza che nessuna separazione può imprigionare: l’amore è più forte in una società dove la violenza sembra essere la sola legge.

Nel 2017 Kim presenta Il prigioniero coreano, un pescatore sospeso fra le due Coree, immagine di semplicità e purezza in un mondo dove la politica – l’odio fra le due patrie – diventa disumanità e incomprensione. Involontariamente è quasi il testamento di Kim, ricercatore di verità e di Assoluto, poeta lirico e drammatico che ci mancherà.

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