Joe Biden, un presidente e un uomo

Alle 18 italiane il giuramento sulle scale del Capitol del 46° presidente degli Stati Uniti, il secondo presidente cattolico, il più anziano. La sua missione: ricostruire un Paese lacerato.
Joe Biden (AP Photo/Evan Vucci)

Le lacrime che rigano il volto di Joe Biden mentre saluta il suo stato, il Delaware, prima di partire ci consegnano prima che un presidente e un commander in chief, un uomo. Un uomo dai capelli bianchi e con le rughe e con sogni grandi per l’America, sogni imparati in periferia come lo è Wilmington, la sua città. Sogni sorti dal sangue di Martin Luther King e dai tumulti per il riconoscimento dei diritti civili che lo spinsero a candidarsi al Senato.

Sogni provati dal dolore della perdita della prima moglie, di una figlia e di un figlio, capaci quindi di consolare e di ricucire un’America divisa nel suo tessuto più intimo quello che da sempre ha saputo fare della molteplicità un’unità e che ora si ritrova smarrita e separata, in lutto eppure con ancora luci da accendere in tempi bui, come gli ha ricordato il suo prossimo presidente.

Nella spianata della collina del Campidoglio deserta, mentre crepuscolo e tramonto si rincorrevano Joe Biden inaugura la sua presidenza davanti a 20.000 bandiere, 400 lanterne, 400 tocchi di campane, in un vuoto incorniciato dalla luce, in ascolto degli assenti, di quelle 400 mila vittime del Covid che non parteciperanno alla sua inaugurazione, ma che l’hanno resa unica nella storia del Paese. “Accendiamo luci nell’oscurità“, ha detto Biden, mentre le immagini del vuoto scuotevano più di ogni discorso.  “Per guarire, dobbiamo ricordare. A volte è difficile ricordare, ma è così che guariamo. È importante farlo come nazione. Ecco perché siamo qui oggi”. Il presidente lo ha ripetuto al suo popolo, non con tono retorico, ma con la fermezza e la commozione di chi conosce quanto arduo sia guarire.

Alle 12 di Washinton (le 18 per l’Italia) Joe Biden giurerà da 46° presidente degli Stati Uniti. Lo farà sulla Bibbia di famiglia e lo farà da cattolico, come solo John F. Kennedy prima di lui. Lo farà sapendo che il suo predecessore, contravvenendo ad una tradizione di 150 anni non lo accoglierà alla Casa Bianca, né gli ha riservato una lettera o un saluto benaugurale.

Giurerà, consapevole che chi lo ha preceduto ha tradito quel giuramento istigando due settimane fa una folla di seguaci ad aggredire la casa del popolo americano, la sede delle sue più alte istituzioni per cancellarne leadership e tradizione democratica. Biden giura  mentre un americano su tre non crede che la sua vittoria sia legittima. Giura in una Washington blindata con 25.000 militari della Guardia nazionale per scongiurare nuove insurrezioni.

Il Campidoglio sullo sfondo delle luci collocate in memoria dei morti di Covid (AP Photo/Alex Brandon)

Giura in un tempo di pandemia, mentre il Paese piange oltre 400.000 morti e conta oltre 25 milioni di contagiati. Non ci sono folle osannanti e non ci sarà il tradizionale ballo con banchetto, ma solo una cerimonia online a cui attori come Tom Hanks e Eva Longoria e cantanti come Lady Gaga, Bruce Springsteen, John Legend non si sono sottratti credendo che l’arte e la musica sanno ancora attraversare muri e toccare corde del cuore.

Biden giura da discendente di irlandesi assieme ad una donna figlia di immigrati a riprova che la sua era comincia all’insegna della pluralità razziale, del femminile (mai così tante donne in un gabinetto presidenziale), della cura per chi sta soffrendo la perdita di un parente, di un lavoro, di un futuro. Un presidente che ha sofferto sa abbracciare la sofferenza, sa intraprendere con il suo popolo la complessa e difficile strada della guarigione.

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