Italia condannata per violazione di diritti umani

Il 6 maggio 2009, 200 somali ed eritrei furono ricondotti in Libia, dove subirono vessazioni e violenze
Sbarchi

L’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per avere violato il principio di non respingimento sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo basilare principio – troppo spesso ignorato – proibisce di respingere i migranti verso Paesi dove possono essere perseguitati o sottoposti a trattamenti inumani o degradanti.
 
Questo è ciò che accade quando vengono rimandate indietro le imbarcazioni cariche di persone che cercano di raggiungere una terra in cui vivere liberamente e dignitosamente. È da anni ormai che assistiamo a questi tristissimi episodi. Mentre la stampa e l’opinione pubblica si concentrano a definire le responsabilità delle flotte di un Paese o dell’altro, oppure il confine tra acque territoriali e internazionali, la gente viene rispedita indietro senza che possa dire nulla.
 
Questo è quanto accaduto a circa 200 somali ed eritrei, comprese donne in gravidanza e bambini, che il 6 maggio 2009 si trovavano a Sud di Lampedusa. La flotta italiana li ha riaccompagnati in Libia senza verificare da dove venissero e se avessero il diritto di chiedere asilo politico nel nostro Paese. Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) è riuscito a contattare in Libia 11 somali e 13 eritrei che avevano subito il respingimento, ai quali ha dato assistenza sino a indirizzarli a chiamare in giudizio l’Italia dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
 
La condanna dell’Italia è di quelle che fanno storia, creando un precedente importante. Non tanto per il valore pecuniario (l’Italia dovrà dare appena 15 mila euro a persona) ma per la forte affermazione di un diritto invocato proprio da chi si voleva tenere per sempre lontano dal nostro Paese.
 
Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, ha dichiarato: «Vogliamo che questo messaggio arrivi in maniera inequivocabile al governo Monti: nel ricontrattare gli accordi di cooperazione con il governo di transizione libico, i diritti dei rifugiati non possono essere negoziati. Su questo tema ci aspettiamo dal nuovo esecutivo posizioni chiare e più forti di quelle che abbiamo rilevato in queste settimane».
 
I dettagli della vicenda dei ricorrenti sono ampiamente riportati sul sito Internet dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani, http://www.unionedirittiumani.it.
 

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