Italia e armi nucleari, una veglia per la Repubblica

Verso il 2 giugno 2021, festa della Repubblica nel segno della scelta di pace per un’economia disarmata. Una veglia condivisa dal quartiere Scampia di Napoli, Reggio Calabria, Padova, Brescia, Rimini e Cuneo
Repubblica 2 giugno, a Scampia Foto MS Dotta

2 giugno 2021. Quale festa della Repubblica democratica fondata sul lavoro? A questa domanda ha cercato di rispondere una veglia condivisa, domenica 30 maggio, con collegamenti via web da alcuni luoghi del nostro Paese: Reggio Calabria, Napoli, Cuneo, Rimini, Padova e Brescia.

L’iniziativa è partita spontaneamente da alcune delle realtà che hanno sottoscritto l’appello di oltre 40 associazioni cattoliche nazionali rivolto al governo e al parlamento per chiedere l’adesione al trattato di messa al bando delle armi nucleari come parte di una forte opposizione alla guerra che la Costituzione repubblicana “ripudia”.

Un termine, il ripudio, che si usa per indicare la rottura di un legame forte, come quello tra gli sposi, che ancora esercita, tuttavia, la sua retorica attrattiva e soprattutto non fa recedere l’Italia dal fornire armi ai Paesi in conflitto. Una conferma eclatante arriva dalla stretta e reiterata interpretazione dell’Alleanza atlantica come vincolo che impone la permanenza di decine di ordigni nucleari nella basi militari Usa di Aviano e Ghedi.

L’insolita presa di posizione dell’arcipelago cattolico italiano è un segnale di discontinuità nei confronti di un certo attendismo e rappresenta un contributo che si aggiunge ad un movimento della società civile da sempre attivo su questo fronte anche se minoritario. Vale sempre l’invito del 1955 ai giovani di Piero Calamandrei: «La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l´impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità».

Parole che prendono vita, per chi ha occhi per vedere, a partire dal Giardino dei Cinque continenti e della Nonviolenza del quartiere di Scampia, a Napoli, con le note dell’orchestra “Musica libera tutti” in uno spazio strappato al degrado dal lavoro paziente della rete Pangea. Da qui è partita la proposta di condividere con altre piazze il messaggio di una Repubblica libera dalla guerra, per dirottare il corso della storia opponendosi alla cultura e alla prassi della violenza. Non hanno usato mezzi termini neanche i vescovi campani che chiedendo l’adesione al trattato di bando alle armi nucleari invita il governo a recedere «dall’ acquisto di nuove armi» per impiegare «diversamente le energie che ora investe nella loro fabbricazione» con evidente riferimento alla politica di acquisti e investimenti portati avanti dall’Italia nel settore bellico a partire dai caccia F35 programmati per trasportare quelle nuove bombe nucleari che tanto allettano le nuove strategie di guerra.

La musica solenne di Scampia, il volto e la festa di tanti volti invitano a disarmare radicalmente l’economia così come le storie di resistenza al dominio della malavita organizzata raccontate nel collegamento da Reggio Calabria.

Il forte appello all’adesione alla campagna Italia ripensaci ( cioè aderisci al trattato) è partito da Brescia e il collegamento è avvenuto dalla centrale piazza della Loggia, luogo di una strage segnata da trame oscure e dalla capacità di resistenza di un territorio che ha saputo esprimere, tra l’altro, testimonianza di tre operatori pace (Sergio Lana, Guido Puletti e Fabio Moreni) che hanno dato la vita in Bosnia nel maggio 1993.

Nomi e percorsi ben presenti come parte di un percorso comune  che ha trovato tra le bandiere delle diverse associazioni (Acli, Azione Cattolica, Beati i costruttori di pace,…)  e i canti del gruppo musicale Rinascita, nato nei centri di accoglienza per i migranti. Brescia e Padova, due città che vedono un impegno forte per la pace condiviso dalle associazioni e dai vescovi con documenti chiari e inequivocabili.

Con quello stile “francescano” che emerge in tante occasioni dal papa nei suoi numerosi appelli e interventi. E che contraddistingue l’impegno della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) intervenuta da Rimini con la testimonianza di chi proviene dai luoghi della guerra e di chi si reca nelle zone di conflitto con l’operazione Colomba.

Dalla città romagnola a Savigliano (Cuneo) dove è stato recitato un rosario per la pace, si è compreso il legame tra la capacità contemplativa e la radicalità di scelte che nascono da lucide analisi delle scelte politiche che l’Italia sta operando in un senso diverso dalla sua vocazione che, nel 1969, Giorgio La Pira vedeva, con l’Europa,  come «tenda della pace, punto omega, stella polare e terra attrattiva del mondo» perché capace di liberarsi dalle migliaia di «bombe atomiche che costituiscono la minaccia quotidiana (anche per incidente e per errore) della sua stessa esistenza e della esistenza del mondo».

Parole condivise dagli amminitratori locali attivi a Brescia e intervenuti sulle piazze di Napoli e Padova in una veglia, quella di domenica 30 maggio, nata da un’esigenza della coscienza, come quella che anima i portuali di Genova, ora sotto inchiesta, che si sono opposti al carico di armi nel loro porto ricevendo le lodi di papa Francesco al quale si sono ora rivolti con un lettera aperta.

Storie di periferia, lontane dal potere che conta e quindi incapaci, secondo alcuni, di spostare l’agenda politica o quella dei media, ma la sfida è prendere alla lettera un’intuizione di Primo Mazzolari ripresa dallo stesso Francesco: «il destino del mondo matura dalle periferie».

 

 

 

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