India, Kumbh Mela al tempo del Covid

India, la festa del Maha Kumbh Mela di quest’anno sta facendo ripiombare il Paese in una emergenza pandemica incontrollabile, come era successo fino a qualche mese fa. La vaccinazioni, per quanto numerose, sono insufficenti ad arginare la diffusione del virus provocata dallo spostamento di milioni di persone
India AP Photo/Karma Sonam

Quest’anno, la conclusione del Kumbh Mela è arrivata in mezzo alla paura per una nuova ondata epidemica difficilmente controllabile. La festa vede milioni di indù muoversi verso le località sacre, i tirtha, meta di pellegrinaggi oceanici. Quest’anno il Mela si svolge ad Haridwar, sulle pendici himalayane, non lontano da dove nasce il Gange, il fiume sacro per antonomasia in India.

Contro ogni prescrizione anti-pandemica, nella città del nord-India, stanno arrivando milioni di pellegrini. Le immagini hanno fatto il giro del mondo fra l’incredulità dell’opinione pubblica europea ed occidentale. Purtroppo, la questione sta assumendo una colorazione sociale e politica. A fronte di forti restrizioni imposte a moschee e chiese, come luoghi di culto a rischio assembramento, non si sono prese misure analoghe nei confronti del pellegrinaggio indù più famoso al mondo.

Il Primo Ministro Narendra Modi, indù praticante e leader del partito Bjp, legato ad una lettura fondamentalista dell’induismo denominata hindutva, ha lanciato un appello chiedendo che il pellegrinaggio prosegua solamente in forma simbolica fino alla sua conclusione prevista per il 30 aprile.

Ma nulla è cambiato, con milioni di persone già assiepate sulle rive del fiume sacro, e altrettante in movimento per dirigersi verso Haridwar o per tornare nelle rispettive città e villaggi, terminati i riti previsti. Modi ha contattato anche Swami Avdheshanand Giri, l’autorità religiosa più rappresentativa nella zona di Haridwar, capo di una delle confraternite monastiche più importanti, per informarsi dello stato delle cose e soprattutto della salute dei diversi swami (guru), molti dei quali sono stati infettati dal virus.

Fra loro alcune personalità e leaders religiosi non ce l’hanno fatta e sono morti negli ospedali della zona. Tuttavia, anche fra i maggiori leaders indù esistono diverse posizioni e, mentre alcuni hanno invitato a concludere il festival, altri sono, invece, favorevoli alla sua continuazione fino alla conclusione, nonostante i pericoli per il diffondersi del virus. Monaci di vari monasteri si sono ritirati dal Mela, che quest’anno è celebrato nella sua forma più solenne, mentre altri swami provenienti da altri centri sono rimasti e incitano le persone a continuare i loro pujas, atti rituali e bagni purificatori nel Gange.

Il grande assembramento conclusivo ha avuto inizio il 1 aprile, dopo l’apertura del periodo sacro risalente al mese di gennaio. Negli ultimi giorni si sono verificati nella zona quasi tremila casi di infezioni da Covid, ma questo non ha scoraggiato la gente dal recarsi in questa località dello stato dell’Uttarakhand, la cui amministrazione fatica a garantire ordine e sicurezza.

Fra l’altro, il capo del governo locale ha inteso tranquillizzare tutti affermando che non è necessario preoccuparsi perché la dea Ganga “fermerà il contagio”. Ovviamente il numero delle persone colpite è ben più alto di quello che viene reso noto, ed è impossibile riuscire a stabilirlo. È necessario ricordare, come avevamo già sottolineato in un altro articolo apparso nel mese di gennaio su cittanuova.it, che l’edizione di quest’anno è definita un Maha Mela, cioè un grande festival, la forma solenne che si svolge ogni 12 anni.

Di fatto già ridotto da quattro mesi ad uno, nella situazione attuale la celebrazione rischia però di far ripiombare il Paese in una emergenza pandemica incontrollabile, come era successo fino a qualche mese fa. Nonostante l’appello di Modi, l’India in questi giorni ha registrato un record nei contagi e nelle vittime della pandemia, che continuano a crescere a un ritmo mai visto nel corso dell’anno passato. In uno degli ultimi rilevamenti giornalieri, il picco è stato di 234.692 nuovi casi di positività in 24 ore, con 1.341 vittime. Il tutto nonostante le vaccinazioni continuino a velocità sostenuta: sono ormai 117 milioni le dosi somministrate. Ma in un Paese di 1,3 miliardi di abitanti il contagio continua ad estendersi a macchia d’olio, con gli ospedali in grave crisi in molte città per carenza di posti letto e scarsità di ossigeno per le terapie intensive.

Modi si trova in una situazione tutt’altro che facile. Da una parte cerca di mediare tra le due posizioni di coloro che vorrebbero che il Kumbh Mela avesse un significato solo simbolico, come lui stesso ha invitato a fare, e quella, invece, di quelli che sembrano non rendersi conto della gravità della situazione.

Ma c’è un problema ben più grave: circa 200 milioni di musulmani stanno celebrando il Ramadan, caratterizzato oltre che dal digiuno anche da momenti di forte significato sociale come le quotidiane cene iftar, che si celebrano al tramonto del sole per interrompere il digiuno, e che raccolgono gruppi familiari, di amici, colleghi, spesso, anche in numero molto consistente. Quest’anno le limitazioni imposte dal governo non sono poche e vengono a limitare il senso sociale del periodo di digiuno. Le stesse cerimonie pasquali che raccolgono migliaia di cristiani nelle chiese e sui sagrati davanti ad esse, sono state quest’anno oggetto di forti limitazioni per quanto riguarda i partecipanti.

L’impressione, quindi, è che vengano usati nel Paese due pesi e due misure, con inevitabili tensioni sociali già acuite da decisioni controverse da parte del governo. È bene ricordare che proprio un convegno molto numeroso di musulmani era stato considerato il focolaio da cui la pandemia si era diffusa in tutto il Paese. Anche il Covid sembra colorare l’India delle tonalità delle varie religioni che da secoli vi convivono, con tensioni e armonia che si alternano in equilibri mai facili da gestire.

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