India, caste e censimento

Sta per avviarsi la macchina del censimento in India. Ogni dieci anni (nel primo anno di ogni nuovo decennio) si mette in moto questo apparato dalle dimensioni (per numero di persone coinvolte) e dai meccanismi unici al mondo. In India vi sono infatti megalopoli con quartieri di gran lusso accanto a bidonville dove sembrerebbe impossibile penetrare e villaggi sperduti nel deserto come quello del Rajasthan. Ma milioni di persone vivono anche nei villaggi himalayani o nelle foreste dell’India centrale, zone che raccolgono etnie locali, i cosiddetti adivasi
India AP Photo/Channi Anand

India. Alla vigilia della messa in moto della mastodontica macchina burocratica realizzata da decine di migliaia di impiegati statali e comunali o anche di giovani universitari, che in questo modo si assicurano i mezzi di sostentamento per un anno, è scoppiata la polemica sulla opportunità o meno di inserire nei questionari che i cittadini del Paese dovranno compilare l’appartenenza alla casta.

La questione è di vera lana caprina. Basti pensare che l’ultimo censimento che riportava l’appartenenza castale è quello realizzato dagli amministratori britannici nel 1931. Praticamente quasi un secolo: novanta anni fa. Ed ancor oggi se si vuole capire la consistenza dei gruppi castali nell’intero Paese ci si deve spesso riferire a quei dati applicando norme statistiche e proiezioni.

È vero che, dopo l’indipendenza, con la nuova Costituzione che voleva fin da subito garantire certi diritti e facilitazioni ai fuori casta (dalit) si è inserita una norma che permette ai cittadini di questi gruppi di farsi riconoscere. Insieme a loro anche alcuni gruppi tribali o particolarmente disagiati, chimati schedule caste e schedule tribes (caste e tribù classificate) hanno delle caselle particolari che permettono di facilitare poi l’attribuzione delle quote assegnate ai loro appartenenti. E questo avviene per i posti di iscrizione alle università, per trovare posti di lavoro, in particolare nel governo, e godere di facilitazioni che altri non hanno.

Attualmente è in atto una forte pressione politica al fine di convincere il premier Narendra Modi a inserire questa voce nei questionari del censimento. Il problema, con modalità diverse, si ripresenta puntualmente alla scadenza di ogni decennio, ma era sempre stata chiara la maggioranza di coloro che preferivano non calcare la mano sulla stratificazione castale sia per non creare o acuire tensioni sociali sia, ragione taciuta ma reale, per una questione di immagine esterna. Un indiano non parla mai volentieri della struttura sociale del suo Paese con estranei e con persone provenienti sia dall’estero che da un’altra cultura. E questo sebbene questa realtà sia ancora profondamente radicata e, spesso, rappresenti il motore che guida aspetti diversi della vita della grande nazione asiatica.

Nei mesi scorsi la questione era stata dibattuta in Parlamento e la decisione era stata di proseguire con il tradizionale inserimento di due sigle SC e ST che stanno ad indicare i dalit la prima e alcuni gruppi tribali particolarmente deboli e sfruttati la seconda.

In questo modo coloro che appartengono a comunità sociali riconducibili a questi due acronimi lo possono segnare nelle caselle previste dai moduli approntati. In tal modo il discorso rimane limitato e non si amplifica su tutto il sistema. Ma non tutti sono rimasti pienamente soddisfatti e in questi giorni una delegazione di parlamentari e leaders politici, alcuni che sostengono il governo Modi e altri dell’opposizione, provenienti quasi tutti dalla regione del Bihar, una delle più povere economicamente e ricche di gruppi sociali disagiati, hanno incontrato il premier Modi per richiedere ufficialmente l’inserimento della voce ‘casta’ all’interno del questionario statistico che verrà sottoposto ai cittadini. Si dice che Modi abbia ascoltato attentamente e pazientemente ma non abbia fornito alcuna risposta, ed ora i gruppi che hanno presentato la richiesta restano in attesa.

Sembra, tuttavia, che il BJP, partito di Modi, saldamente al governo e in sella alla leadership politica già da due mandati, non abbia intenzione di prestare il fianco a rischi che possono provenire da tensioni sociali. Un censimento che provveda statistiche anche sulla consistenza dei vari gruppi castali potrebbe infatti riservare sorprese spiacevoli a chi controlla la situazione politica del Paese. Lo zoccolo duro del partito al governo è, infatti, rappresentato da indù di casta, sia alta che media, e già molti segnali sono stati mandati a Modi e al suo governo sulle discriminazioni nei confronti di gruppi inferiori a livello castale o tribale. Ma senza avere una vera idea completa della consistenza locale e statale di questi gruppi resta difficile per l’opposizione servirsene per lanciare un offensiva anti-Modi fondata sulla struttura sociale del Paese.

Una vera presa di coscienza castale potrebbe mettere a repentaglio l’Hindutva, la politica che prevede l’India come Paese degli indù. Di fatto si tratta degli indù che appartengono a caste di rilievo e non le popolazioni tribali, i fuori casta o quelli di casta bassa.

Il dibattito politico riporta in primo piano quanto la struttura castale sia ancora fondamentale in India ed i suoi equilibri siano importanti per tutti gli aspetti della vita, anche nell’epoca della globalizzazione e del covid che non conosce distinzioni.

 

 

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