In scena

Dal Piemonte alla Lombardia, dalla Sicilia al Lazio, tanti spettacoli interessanti in giro per l'Italia

Il sindaco del Rione Sanità secondo Martone
“Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà se parla al proprio pubblico non solo osando sul piano formale, ma anche agendo in una dimensione politica”, dichiara Mario Martone che per la prima volta dirige un testo di Eduardo De Filippo. Questa modalità di lavoro per Martone si concretizza calando nella realtà dei giorni nostri il celebre testo. L’idea di affidare il ruolo del sindaco a un uomo giovane e deciso, nel fisico e nel gesto – quanto il personaggio scritto da Eduardo era invece crepuscolare –  pone nei fatti la figura del protagonista ancora al centro del sistema criminale che rappresenta, laddove la scrittura eduardiana ne faceva il simbolo di un sistema di valori e disvalori al tramonto, ed allo stesso tempo favorisce il tentativo di sottrarre il testo al rischio della semplice rappresentazione naturalistica incarnandolo in un mondo reale drammaticamente vivo. In premessa c’è la realtà di San Giovanni a Teduccio, del NEST e dei suoi giovani attori, molti dei quali vivono nel quotidiano la cronaca non edulcorata di una vera guerra di camorra che insanguina da anni questa periferia napoletana, dove la criminalità è retta da giovani boss neanche trentenni.
“Il sindaco del Rione Sanità” di Eduardo De Filippo, regia Mario Martone con Francesco Di Leva, Giovanni Ludeno, Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Daniela Ioia, Gennaro Di Colandrea, Viviana Cangiano, Salvatore Presutto, Lucienne Perreca, Mimmo Esposito, Morena Di Leva, Armando De Giulio, Daniele Baselice, Massimiliano Gallo, scene Carmine Guarino, costumi Giovanna Napolitano, luci Cesare Accetta, musiche originali Ralph P. Produzione Elledieffe, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, NEST Napoli Est Teatro. Al NEST Napoli Est Teatro, dal 6 al 17, e al Teatro Gobetti di Torino, dal 21/3 al 2/4.

Storia di desaparecidos in un interno famigliare
È uno dei testi più riusciti e rappresentativi dell’opera dell’argentino Daniel Veronese. Una verità terribile legata ad una figlia di desaparecidos (spariti durante la dittatura), è nascosta dietro ad una situazione ordinario-familiare apparentemente normale: tre fratelli si ritrovano con le loro rispettive mogli per un improvvisato pranzo che li riunisce. Bugie, tradimenti, sospetti reciproci, competizioni continue e ridicole si alternano in un’atmosfera contemporaneamente torbida e tragicomica, fino ad arrivare ad un finale inaspettato e catartico. La Storia con Veronese rimane sullo sfondo, indeterminata, perché l’attenzione è sulle relazioni umane, sulla violenza insita nelle relazioni stesse, sul desiderio che ci muove come burattini tirati da invisibili fili, sulle dinamiche banali e quotidiane che possono rivelare inaspettatamente un fondo di orrore.
“Donne che sognarono cavalli” di Daniel Veronese, adattamento e regia Roberto Rustioni, con Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias, scene e costumi Sabrina Cuccu, luci Matteo Zanda. Co-produzione Fattore K – Sardegna Teatro – Festival delle Colline torinesi. A Roma, Angelo Mai, dal 9 al 12/3.

Le Tre sorelle di Čechov
Incentrato sul tema del tempo e sull’incapacità delle tre protagoniste di viverlo in armonia, il noto testo di Cechov è una straziante riflessione su come l’impossibilità di essere felici sia sovente un esito perseguito con accanimento. In “Tre Sorelle”, il vero cuore pulsante della scrittura sta nelle cose non dette, la vera anima dei personaggi. Un testo dai molteplici livelli interpretativi “simbolici” il cui tema centrale è il tempo. Scrive il regista Emiliano Bronzino: «Ho la netta impressione che i personaggi non esistano, che la storia raccontata alluda a qualcosa d’altro. Basta pensare ai continui rimandi, anticipazioni e strani giochi allusivi che Čechov semina in tutto il testo. Alla strana sensazione di un’inevitabilità che alla fine lascia attoniti».
“Tre sorelle” di Anton Čechov, regia Emiliano Bronzino, con Alberto Onofrietti, Marcella Favilla, Fiorenza Pieri, Maria Alberta Navello, Maria Laura Palmeri, Stefano Moretti, Massimo Reale, Riccardo Ripani, Alessandro Meringolo, Graziano Piazza, Vincenzo Paterna, Riccardo De Leo, Gisella Bein; scene Francesco Fassone, costumi Chiara Donato, luci Massimo Violato. Produzione Fondazione Teatro Piemonte Europa. A Milano, Piccolo Teatro Studio Melato, dal 7 al 19/3.

Il casellante  di Camilleri
È tra i racconti di Camilleri del cosiddetto “ciclo mitologico”, uno dei più divertenti e, allo stesso tempo, struggenti. Ambientato in Sicilia, terra di contraddizioni, narra la vicenda di una metamorfosi. Racconta di Minica – in attesa di un figlio – e di suo marito Nino, della loro modesta vita nella solitaria casetta gialla accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno, durante gli ultimi anni del fascismo. Nino, che nel tempo libero si diletta a suonare il mandolino, fa il casellante lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa. La zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e fascisti che, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. Una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica.
“Il casellante”, di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, regia Giuseppe Dipasquale, con Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine,  Sergio Seminara, Giampaolo Romania, musiche originali di Mario Incudine, scene Antonio Vasta, Antonio Putzu Giuseppe Dipasquale, costumi Elisa Savi, luci Gianni Grasso, produzione Promo Music – Corvino Produzioni, Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano. A Palermo, Teatro Biondo, dal 7 al 12/3.

Scannasurice di Enzo Moscato
Nel 1982 segnò il debutto di Moscato come autore e interprete.  Il pluripremiato testo è diventato un classico del teatro contemporaneo e, a distanza di 35 anni dal primo allestimento, grazie alla straordinaria interpretazione di Imma Villa ed alla rigorosa regia di Carlo Cerciello, raccoglie ancora oggi consensi unanimi. Il titolo, letteralmente scanna topi, fa riferimento ad un vecchio fondaco partenopeo nel labirintico intrico dei Quartieri Spagnoli ed ai tuguri che qui, anticamente, gli artigiani usavano bonificare dai ratti a colpi di spadone. L’azione narrata si sviluppa in una di queste squallide stamberghe, occupata da due campioni-simbolo del precario metropolitano: un travestito e studenti di provincia. Racconta un terremoto metaforico, quello legato alla precarietà dettata dalla perdita di futuro in seguito al sisma del 1980, ma anche quello esistenziale, profondo, che attraversa il protagonista.
“Scannasurice” di Enzo Moscato, regia di Carlo Cerciello, con  Imma Villa, scene Roberto Crea, costumi Daniela Ciancio, suono Hubert Westkemper, musiche originali Paolo Coletta, disegno luci Cesare Accetta. Produzione Elledieffe, Teatro Elicantropo/Anonima Romanzi. A Roma, Piccolo Eliseo, dall’8  al 19/3.  

L’ispettore Drake e il delitto perfetto
Quando un genio decide di commettere un delitto, il piano che mette in pratica per portare a termine il suo progetto è a prova di errore. Ma è anche a prova di idiota? L’Ispettore Drake e il suo fido aiutante Plod si ritrovano a dover affrontare la più grande sfida delle loro carriere: risolvere un misterioso e intricato delitto. Personaggio surreale al servizio di un thriller surreale, l’Ispettore Drake racchiude in sé tutti i luoghi comuni del detective, esasperati all’ennesima potenza, fino ad ottenere una miscela esplosiva e irresistibilmente comica. In questa fortunata commedia inglese si alternano continue e inaspettate gag e innumerevoli colpi di scena.
“L’ispettore Drake e il delitto perfetto” di David Tristram, adattamento e regia di Sergio Assisi, con Sergio Assisi, Luigi Di Fiore, Francesco Procopio, Fabrizio Sabatucci, Beatrice Gattai; musiche originali di Louis Siciliano, coreografo Francesco Italiani. A Roma, Sala Umberto, dal 7 al 19/3. In tournèe.

La cecità in un balletto-performance
Un balletto “sensoriale”, dove gli spettatori vengono bendati – trenta alla volta – e diventano parte della performance, ogni volta diversa. I danzatori sono immersi nelle musiche minimaliste di David Lang e il pubblico ruota intorno a loro come in un museo d’arte contemporanea. La performance non è solo uno spettacolo, è piuttosto un’esperienza che fa appello ai sensi e all’emozione prima che alla spettacolarità visiva. “Un percorso nell’oscurità – dichiara il coreografo Matteo Levaggi, autore dello spettacolo – inteso come parte costruttiva della condizione umana, indirizzato a far vivere il fatto artistico come rivelazione del corpo, creazione di spazi immaginari ed elaborazione di codici sensoriali”.
“Cecità”, coreografia di Matteo Levaggi, interpreti il Corpo di Ballo del Teatro Massimo. A Palermo, Teatro Massimo, dal 7 fino al 15 marzo, ore 10.30 e 11.30, sabato 11 e domenica 12 solo alle 11.30.

 

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