In attesa dell’enciclica

natura

 Il titolo è “Laudato si’” con una sola i e l’apostrofo. La seconda enciclica di Papa Francesco riprende nel titolo le parole italiane del Cantico delle Creature o anche Cantico di Frate Sole, il testo poetico più antico della letteratura italiana. L’enciclica uscirà il 18 giugno, come ha annunciato con una nota la Sala stampa della Santa Sede. Il titolo della nuova enciclica era stato anticipato alcuni giorni fa da don Giuseppe Costa, direttore della Libreria editrice vaticana a margine della cerimonia della consegna del Premio “Cardinale Michele Giordano” a Napoli. 

La scelta di un titolo in italiano non è una novità. Già altri Papi in passato hanno usato la nostra lingua. Pio XI, per esempio, ne scrisse una in italiano “Non abbiamo bisogno” nel 1931 e una in tedesco “Mit brennender Sorge” contro il nazismo. Altri papi prima di lui avevano usato titoli in italiano e anche in francese. Pio IX invece scrisse oltre 40 encicliche tutte in latino. La traduzione in latino, lingua ufficiale della Chiesa, apparirà in seguito. Attorno alla pubblicazione dell’enciclica c’è una certa fibrillazione e dagli Stati Uniti è già partito un fuoco di fila preventivo contro il testo da parte delle lobby che fanno capo alle grandi multinazionali. Il 2 giugno il gigante energetico Exxon ha inviato addirittura una delegazione in Vaticano per spiegare le sue posizioni su energia e riscaldamento climatico. Più volte ha detto che l’economia legata agli interessi e alle lobby “uccide”. Ciò che preoccupa il sistema capitalistico delle multinazionali è soprattutto il linguaggio diretto di Papa Francesco, comprensibile a tutti. Eppure lui non è il primo papa che va all’attacco di questo sistema. Benedetto XVI nella Caritas in veritate ha denunciato i guasti della finanzia e degli gnomi che la controllano. Ma Ratzinger non aveva la popolarità di Bergoglio e quindi non c’è stata molta preoccupazione.  D’accordo con il papa invece sono la maggior parte dei leader religiosi del mondo che a luglio firmeranno un testo comune sul clima, al quale ha lavorato soprattutto il patriarca ecumenico Bartolomeo I.

Ma cosa ci dobbiamo aspettare da questa enciclica?

Sul contenuto lo stesso Papa ha anticipato qualcosa lo scorso gennaio, sull’aereo durante il viaggio in Sri Lanka e Filippine, usando parole forti: il ricordo di Hiroshima, la delusione della conferenza sul clima svoltasi a Lima, la speranza per il cruciale appuntamento di Parigi, in agenda il prossimo autunno, chiedendo che il mondo mostri maggiore “coraggio” per attuare politiche ambientali forti e realmente efficaci per la salvaguardia "del creato" e per invertire l'attuale trend negativo. L’obbligo di salvaguardia del creato è una questione morale.

Anche al G7 in Germania di qualche giorno fa è stato finalmente raggiunto un importante traguardo sul clima: “è necessaria un’azione urgente e concreta per affrontare il cambiamento climatico – hanno affermato i leader nel comunicato finale – e arrivare ad un’economia globale che a lungo termine non consumi eccessivo carbonio”. L’obiettivo prevede il limite dell’aumento della temperatura globale entro i due gradi rispetto ai livelli preindustriali, su cui si erano divisi fino a poco tempo fa.

Ad insistere per un messaggio del Papa molto forte in questo senso sarebbe stato proprio Ban Ki Moon, confidente del fatto che questa enciclica, sommandosi ad altri due eventi importanti che sono in programma quest’anno, possa veramente segnare un ‘punto di svolta’ nelle questioni legate alla gestione e tutela dell’ambiente. Il Segretario Generale dell’ONU pensa in particolare al discorso che Papa Francesco stesso terrà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel prossimo settembre e poi alla Climate Change Conference di dodici giorni che dal 30 novembre prossimo si terrà a Parigi.

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